Cosa fu la Comune di Parigi?
All'inizio fu un'immensa e grandiosa festa,
una festa che il popolo parigino,
essenza e simbolo del popolo francese e del popolo in generale,
volle
offrire a se stesso e al mondo.
H. Lefebvre
Le vicende
della Comune rivoluzionaria di Parigi del 1871 sono ormai nei
libri di storia; ci sono però fatti, circostanze, aspetti
misconosciuti ma interessanti perché contribuiscono a mettere in
luce la straordinarietà di una rivolta, ritenuta ancora oggi tra
le più radicali e moderne esperienze di sovversione dell'ordine
non solo politico e sociale, ma anche culturale, al punto da
divenire un simbolo che non casualmente altre e diverse situazioni
avrebbero evocato, dalla Comune di Fiume nel 1919-20 a quella di
Kronstadt nel '21, da quella di Barcellona nel '36 a quella di
Budapest nel '56, da quella di Parigi nel '68 a quella di Bologna
nel '77, e ovunque "si voleva avere tutto in una sola volta:
l'arte, le scienze, la letteratura, le scoperte. La vita aveva un
nuovo impulso. Tutti si affrettavano a fuggire dal vecchio mondo"
(Louise Michel).
I SIMBOLI
I
rivoluzionari della Comune spararono in primo luogo sugli orologi,
mandandoli in pezzi, per infrangere non solo formalmente il tempo
regolato dall'oppressione, e quindi bruciarono la ghigliottina, a
sottolineare la loro distanza dalla logica della rivoluzione
politica e dal Terrore giacobino.
Poco prima della caduta della Comune, venne demolita la colonna
napoleonica di Place Vendôme; la gigantesca costruzione, rivestita
con il bronzo dei cannoni catturati al nemico dopo la battaglia di
Austerlitz, era alta 44 metri e, sormontata dalla statua di
Napoleone nelle vesti di Cesare, rappresentava la celebrazione
dell'impero napoleonico. Grande fu l'indignazione causata da tale
atto, definito vandalico, sia in Francia che in quella stessa
Europa che aveva combattuto, sconfitto e imprigionato Napoleone.
L'abbattimento della Colonna Vendôme offrì quindi il pretesto alla
borghesia per accusare la Comune di inciviltà; in realtà si trattò
di un episodio del tutto simbolico e legato alla realtà convulsa e
disperata degli ultimi giorni prima della vittoria della reazione;
tale incidentalità è peraltro dimostrata dal programma della
Federazione degli Artisti di Parigi: "I monumenti dal punto di
vista artistico, i musei e gli edifici di Parigi che ospitano
gallerie, collezioni e biblioteche di opere d'arte, non
appartenenti a
privati, sono affidati alla cura e alla sorveglianza del Comitato.
Il quale redige, conserva, rettifica e completa progetti,
inventari, repertori e cataloghi. Li mette a disposizione del
pubblico per favorire gli studi e per soddisfare la curiosità dei
visitatori...".
I COMUNARDI
La Comune è
stata anche definita come la prima grande insurrezione operaia e i
dati esistenti sugli insorti confermano sostanzialmente tale
valutazione, anche se coinvolse gran parte della società urbana
parigina, assumendo carattere di rivoluzione realmente sociale.
Dei 36.309 comunardi -uomini e donne- prigionieri e processati
19.426 risultarono operai, 4.074 agricoltori, 2.938 impiegati,
2.426 domestici, 1.725 membri di "professioni liberali" e il resto
di altre categorie intermedie.
Tra questi prigionieri circa 25.000 risultarono analfabeti o
semi-analfabeti.
Su 20.000 comunardi processati dai tribunali ordinari figuravano
2.901 manovali, 2.664 meccanici e fabbri, 2.293 muratori, 1.659
falegnami, 1.598 commessi, 1.491 calzolai, 1.065 impiegati, 863
imbianchini, 819 tipografi, 766 scalpellini, 681 sarti, 636
mobilieri, 528 orefici, 382 carpentieri, 347 pellai, 283 marmisti,
227 stagnini, 106 insegnanti, ecc.
LE COMUNARDE
Scrisse
Louise Michel: "Fra i più ardenti combattenti, che si opposero
all'invasione e difesero la repubblica come l'aurora della
libertà, le donne sono in buon numero. Si è voluto fare delle
donne una casta, e sotto la forza che le schiaccia attraverso gli
avvenimenti, la divisione si è compiuta; non ci hanno consultato,
per questo, e noi non dobbiamo consultare nessuno... certo è che
le donne amano la rivolta. Noi non valiamo più degli uomini, ma il
potere non ci ha ancora corrotte".
E le donne della Comune non consultarono nessuno, prendendo
iniziative autonome. Già durante l'assedio di Parigi, l'anno
precedente, i giornali avevano parlato delle "Amazzoni della
Senna", ma è durante la Comune che fiorirono innumerevoli
comitati, club, società di donne che sostenevano la causa della
rivoluzione.
La più importante fu probabilmente l'Union des femmes pour la
défence de Paris et les soins aux blessés, costituitasi l'11
aprile 1871, con ramificazioni in ogni quartiere e con
innumerevoli campi d'azione (organizzazione del lavoro femminile,
costituzione di associazioni operaie dipendenti dai Comitati di
arrondissement, insegnamento, soccorso dei feriti, protezione
civile). Altre esperienze furono il Comité des femmes della rue
d'Arras, che fondò a Parigi numerosi comitati di quartiere
occupandosi degli ateliers cooperativi "per insegnare alle donne a
organizzare da sé il proprio lavoro", e il Comité de vigilance di
Montmartre che avrebbero combattuto anche sulle barricate.
Senza alcuna esagerazione -sono i dati dei tribunali a parlare- si
può affermare che durante la Comune la più rilevante rivoluzione
culturale e il maggiore impulso all'autorganizzazione sociale
vennero proprio dalle donne: operaie, maestre, casalinghe e
prostitute si scoprirono così soggetti attivi di una rivolta
dentro una rivolta.
LA GUERRA SOCIALE
Non potendo
rinunciare alla Guardia Nazionale, la Comune per la sua difesa
armata si affidò a 32 corpi franchi assommanti a circa 10.000
uomini (i nomi di questi reparti erano particolarmente evocativi
come i Vendicatori, gli Zuavi, i Figli di Parigi, i Figli perduti,
i Cavalieri, i Garibaldini...), a reggimenti di volontari, a poche
artiglierie e alle barricate del popolo che divennero il simbolo
stesso della Comune.
"Alle armi! Alle armi, dunque!
Parigi si copra di barricate e da questi bastioni improvvisati
getti ancora ai suoi nemici il suo grido di guerra, il suo grido
d'orgoglio, di sfida, ma anche di vittoria; perché Parigi con le
sue barricate, è inespugnabile.
Le strade siano disselciate: in primo luogo perché i proiettili
nemici che cadono sulla nuda terra sono meno pericolosi; inoltre
perché le pietre, nuovi mezzi di difesa, dovranno essere
accumulate, a intervalli regolari, sui balconi dei piani superiori
delle case".
Fallì invece il tentativo di estendere l'insurrezione al resto
della Francia. Si sollevarono gli internazionalisti di Lione
-sotto l'impulso di Bakunin-, Tolosa, Le Creusot, Saint Etienne,
Brest, Rouen e Narbonne ma furono incendi limitati che vennero
repressi uno dopo l'altro, nel sangue.
I GIORNALI
Durante la
Comune fecero la loro comparsa innumerevoli pubblicazioni. Tra i
giornali più diffusi vanno ricordati: Le Cri du Peuple (con una
tiratura di 100 mila copie), Le Mot d'ordre, La Montagne, Le Pére
Duchesne, Le Vengeur et la Commune, Le Combat, L'Action, L'Ami du
Peuple, Le Tribun de Peuple, La Commune, L'Estafatte, Paris Libre,
La Caricature Politique, Le salut public, La Sociale, ecc.
In tale periodo assunse grande importanza la caricatura politica
come forma di comunicazione e propaganda.
"La caricatura non uccide -come scritto da Vallés-, ma è uno
strumento che agisce a due livelli, il livello iconografico e
quello verbale, unisce l'evidenza e la comunicazione diretta del
disegno, della figura, immediatamente leggibile - e leggibile a
tutti! - al testo scritto, alla didascalia, che attraverso il tono
epigrammatico, colpisce diritto il bersaglio."
Per la stampa dell'opposizione borghese furono invece applicate
forme di censura, ma ci furono anche misure repressive contro
pubblicazioni "oscene" e "amorali".
I MANIFESTI
I manifesti
rimasero comunque la forma più immediata dell'informazione
rivoluzionaria. Questo è il testo del fatidico proclama del 22
marzo, affisso su tutti i muri di Parigi:
AL POPOLO DI
PARIGI
ALLA GUARDIA NAZIONALE
Cittadini,
Basta col militarismo! Basta con gli stati maggiori e i loro
galloni e tutte le loro cuciture dorate!
Si faccia posto al popolo, ai combattenti, alle braccia nude!
L'ora della guerra rivoluzionaria è suonata.
Il popolo non conosce le manovre sapienti, ma quando ha un fucile
in mano e il selciato sotto i piedi non teme nessuno degli
strateghi della scuola monarchica.
Alle armi! cittadini, alle armi! Si tratta, lo sapete bene, di
vincere o di cadere nelle mani spietate dei reazionari e dei
clericali di Versailles, di quei miserabili che, per partito
preso, hanno consegnato la Francia ai Prussiani e ci fanno pagare
il prezzo del loro tradimento.
Se volete che il sangue generoso che è stato versato come l'acqua
da sei settimane non sia infecondo; se volete vivere liberi in una
Francia libera ed egualitaria; se volete risparmiare ai vostri
figli i vostri dolori e le vostre miserie, vi leverete come un sol
uomo e, davanti alla vostra formidabile resistenza, il nemico, che
si lusinga di rimettervi al giogo, pagherà l'onta degli inutili
crimini di cui si sta macchiando da due mesi.
Cittadini, coloro che avete eletto combatteranno e moriranno con
voi se occorre; ma in nome di questa Francia gloriosa, madre di
tutte le rivoluzioni popolari, focolare permanente delle idee di
giustizia e di solidarietà che devono essere e saranno le leggi
del mondo, marciate contro il nemico, e la vostra energia
rivoluzionaria gli dimostri che si può vendere Parigi, ma non si
può né consegnarla né vincerla.
La Comune
conta su di voi, contate sulla Comune!
CONTRO LA RELIGIONE
È noto che
sotto la Comune, Jean Allemane, presidente del Comitato della
legione del V Arrondissement, fece sostituire sulla cupola del
Pantheon la croce con la bandiera rossa, così come è abbastanza
celebre la frase "Noi cancelliamo Dio!" scritta da Gustave
Maroteau su La Montagne, ma l'anticlericalismo dei comunardi aveva
origini molteplici (filosofiche, politiche e sociali) e due secoli
di lotta tra il magistero cattolico e il libero pensiero avevano
preparato la rivolta contro l'alleanza del Trono e dell'Altare,
tra Chiesa e controrivoluzione, tra autorità divina e sfruttamento
di classe.
Noi siamo atei perché l'uomo non sarà mai libero, finch'egli non
avrà scacciato Dio dalla sua intelligenza e dalla sua ragione.
Prodotta dalla visione dell'ignoto, creata dall'ignoranza, aiutata
dall'intrigo, e subita per stupidità questa nozione mostruosa di
un essere, di un principio all'infuori del mondo e dell'uomo,
tesse la trama di tutte le miserie, nelle quali è caduta
l'umanità, e forma l'ostacolo principale alla sua liberazione. Fin
tanto che la visione mistica della divinità oscurerà il mondo,
l'uomo non potrà né conoscerlo né possederlo; invece della scienza
e della felicità, non ci troverà che la schiavitù della miseria e
dell'ignoranza.
Ed è in grazia di questa idea d'un essere che è superiore al mondo
e che lo regge, che si sono prodotte tutte le forme di schiavitù
morale e sociale: religioni, dispotismo, proprietà, caste, sotto
le quali geme e sanguina l'umanità.
Scacciar Dio dal dominio della conoscenza, espellerlo dalla
società, è legge necessaria per l'uomo, se vuole arrivare alla
scienza, se vuole realizzare la vittoria della rivoluzione.
Bisogna negare quest'errore, genesi di tutti gli altri, ché per
esso da tanti secoli l'uomo è represso, incatenato, spogliato,
martirizzato.
Che la Comune sbarazzi l'umanità di questo spettro delle miserie
passate, di questa causa delle miserie presenti.
Nella Comune non c'é posto per il prete: ogni manifestazione, ogni
organizzazione religiosa deve essere bandita.
(Dal
Manifesto dei proscritti de "La Comune rivoluzionaria"; Londra,
giugno 1874)
I DIRIGENTI
La Comune
ebbe numerosi -molti critici hanno detto troppi- dirigenti, leader
e responsabili per i vari settori della vita politica, sociale,
culturale ed anche militare della Comune stessa. Se sulle forme di
gestione ed organizzazione sociale il dibattito rimane
storicamente aperto, può essere interessante sapere che, prendendo
in esame le 40 figure più importanti della Parigi rivoluzionaria,
la maggior parte risultavano aderenti all'Internazionale (circa il
50%), tra cui numerosi proudhoniani e anarchici (oltre a Louise
Michel, va ricordato Elia Reclus -fratello di Elisée-, direttore
della Blbliothéque nationale); poi vi erano una decina di
blanquisti, mentre tra i restanti figuravano i neo-giacobini, un
radicale, alcuni "senza partito", diversi intellettuali ed
artisti, e persino un generale.
LA POLIZIA
Gustave
Courbet scrisse il 30 aprile: "Parigi è un vero paradiso; niente
polizia, niente sciocchezze, nessuna esazione di sorta, niente
litigi. Parigi va avanti da sola... bisognerebbe poter rimanere
sempre così"; ma con l'aggravarsi della situazione e le continue
rappresaglie della reazione, operò una sorta di polizia, sotto la
guida del blanquista Raoul Rigault, che tra l'altro doveva
occuparsi dei controrivoluzionari e dei varsagliesi prigionieri. A
seguito delle feroci rappresaglie il 5 aprile venne
quindi proclamata la legge del taglione: "Ogni persona accusata di
complicità con il governo di Versailles verrà immediatamente
incriminata e messa in prigione (...) Tutti gli accusati (...)
saranno da considerarsi ostaggi del popolo parigino. Ogni
esecuzione di un prigioniero di guerra o di un partigiano del
governo regolare della Comune di Parigi sarà seguita sul campo
dall'esecuzione di un numero triplo di ostaggi".
Tale truce decreto, che la Comune non applicò mai ufficialmente
nei fatti, portò all'arresto di un certo numero di personalità tra
cui l'arcivescovo Darboy e molti altri prelati, ma si dovrà
aspettare la "settimana di sangue" prima che, per ritorsione,
Rigault mandasse alla fucilazione alcune tra le sue vittime di
diligente inquisitore. A lui succedette un altro blanquista,
Théophile Ferré, che verso la fine della Comune, quando era venuto
meno il ruolo guida del Comitato rivoluzionario, fece fucilare,
per rappresaglia, numerosi ostaggi tra cui l'arcivescovo Darboy.
Entrambi, sia Rigault che Ferré, sarebbero finiti a loro volta
fucilati dalla soldataglia reazionaria.
LA VENDETTA
Di gran
lunga inferiore fu invece l'indignazione civile per la strage di
Comunardi o sospetti tali, seguita alla caduta di Parigi; eppure
le cifre, a riguardo sono spaventose anche se contraddittorie.
E' stato calcolato che le perdite umane tra i Comunardi
raggiunsero, tra morti e prigionieri, il numero di 100.000.
Secondo lo storico inglese G. D. H. Cole, 2.500 furono i morti
sulle barricate e 14.000 i fucilati dopo la resa. Secondo un'altra
stima 30.000 furono i caduti e 45.000 i prigionieri, in gran parte
poi uccisi o morti in carcere. Altre fonti fanno salire la cifra
delle esecuzioni sommarie ad almeno 25.000 e quella degli
arrestati a 43.521 fino al 1875.
Sicuramente la strage ebbe le dimensioni di un genocidio di
classe; il giornale borghese Le Figaro ebbe a scrivere: "I nostri
soldati hanno semplificato il compito delle corti marziali,
fucilando la gente sul posto". E così deve essere stato se persino
un giornale conservatore come il Peuple Souverain, poco tempo
dopo, lamentandosi delle conseguenze economiche del massacro
operaio, chiedeva: "dobbiamo pagare cinque miliardi... chi sono i
pazzi che hanno potuto immaginare e compiere queste grandi
fucilazioni!". Infatti il settore calzaturiero aveva perso metà
dei suoi operai (12.000 su 24.000); l'ebanisteria più di un terzo;
la sartoria un terzo (10.000 su 30.000); sparirono quasi tutti i
conciatetti, i decoratori, i piombatori, gli zincatori. Annientate
le fabbriche di guanti, cappelli, merceria, corsetti, a
predominante manodopera femminile. L'industria dell'arredamento,
che aveva avuto 60.000 addetti, dovette rifiutare le commesse a
causa della "mancanza di mano d'opera".
I PROCESSI
Cessate le
fucilazioni e le esecuzioni sommarie, contro i Comunardi si
scatenò la violenza legale delle Stato attraverso la repressione
giudiziaria. Su 36.309 prigionieri passati davanti ai tribunali
della reazione, 10.137 risultarono condannati: 93 alla pena di
morte (23 esecuzioni), 251 ai lavori forzati, 1.169 alla
deportazione in fortezze, 3.417 alla deportazione semplice, 1.247
alla reclusione, 1.305 alla prigione per più di un anno, 2.054
alla prigione per meno di un anno, 55 ragazzi assegnati alla casa
di correzione...
La promessa di Thiers era stata mantenuta: "Dopo la vittoria si
dovrà punire implacabilmente, ma legalmente".
LA RESISTENZA
Dopo la
sconfitta militare della Comune e nonostante le fucilazioni di
massa, l'ordine non fu ristabilito a Parigi. Durante la notte
vengono affissi manifesti e proclami clandestini. A Belleville, a
Montmarte, la soldataglia ebbe la vita difficile, fatta bersaglio
di colpi d'arma da fuoco provenienti dalle case. Nel XIII
arrondissement, alcuni agenti di polizia vennero feriti in seguito
a sparatorie. Al caffè di Helder, ritrovo di ufficiali, parecchi
di essi furono apertamente insultati. In rue de Rennes e in rue de
la Paix, così come in place de la Madeleine, soldati e ufficiali
caddero colpiti da mani invisibili; presso la caserma della
Pépiniére, venne sparato ad un generale.
In mancanza di armi da fuoco, fu fatto ricorso alle frecce.
LA SOLIDARIETÀ
"Se un uomo
è fuori della legge, entri in casa mia. Sfido chiunque a
strapparmelo. Parlo solo degli uomini politici.
Se si verrà in casa mia a prendere il fuggiasco della Comune, si
prenderà me. Se lo si consegnerà, io lo seguirò. Sarò con lui al
banco degli accusati. E per la difesa del diritto si vedrà a
fianco dell'uomo della Comune, che è il vinto dell'Assemblea di
Versailles, l'uomo della Repubblica, che è stato il proscritto di
Bonaparte.
Farò il mio dovere. Prima di tutto i principii."
(Victor Hugo)
LA POESIA
Numerosi
furono i poeti che cantarono la Camune. Due nomi per tutti:
Verlaine che compose un piccolo poema dedicato a Louise Michel e
Rimbaud che celebrò la Comune in tre sue poesie.
Tra le varie poesie, ballate, canzoni (talvolta stampate su
manifesti come proclami rivoluzionari), va inoltre menzionata
L'Internazionale di Eugéne Pottier, poi universalmente nota.
A cura di
M.R.
BREVE
BIBLIOGRAFIA
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febbre francese. Dalla Comune al Maggio '68; Laterza Ed.
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Ed.
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- A. GUERIN, La folle guerre de 1870; Hachette Ed.
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Ed.
-
P. BROUE' e H. DESVAGES, La rivoluzione; Mondadori Ed.
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- M. A. BAKUNIN, Stato e anarchia; Feltrinelli Ed.
tratto da:
http://www.comune.bologna.it/iperbole/asnsmp/comuneparigiumanitanova18marzo2001.html
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