Sono state frequenti le eruzioni vulcaniche al
largo delle coste siciliane di Sciacca, nel tratto di mare che va
da Capo Granitola a Capo Bianco, in corrispondenza di bassifondi
ricoperti di coralli. Dall’eruzione avvenuta in epoca
immemorabile, nacque l'isola di Pantelleria, che culmina nella
Montagna grande, avanzo di un cratere vulcanico contornato da
altri 24 crateri detti "cuddìe".
Nella notte fra il 10 e l'11 luglio 1831, a 26 miglia circa dalla
spiaggia di Sciacca, a metà strada da Pantelleria, nella
cosiddetta Secca del Corallo, in seguito ad una scossa
tellurica, il vulcano sottomarino aprì la sua bocca eruttando
scorie e lapilli, formando una piccola isola di circa quattro
chilometri di circonferenza e sessanta metri d'altezza.
Il 13 luglio, gli abitanti di
Sciacca che si trovavano sulla piazza di San Domenico, videro
nettamente una colonna di fumo, a circa 30 miglia al largo, nel
luogo noto come "secca di mare". Pensarono ad un piroscafo di
passaggio; poi, data la persistenza del fumo, ad una nave in
fiamme. Il tratto di mare, come asserì il capitano Pulteney Malcon
il quale vi passò col suo bastimento, fu violentemente agitato. La
colonna di fumo, il ribollimento delle acque ed i boati furono
notati dal 13 al 15 luglio anche dal capitano Mario Provenzano,
comandante la bombardiera Madonna delle Grazie, che faceva rotta
per Malta.
In quello stesso giorno il capitano Francesco
Trafiletti. comandante del brigantino Gustavo, proveniente
da Malta, riferì che a 30 miglia da Capo S. Marco aveva notato un
ribollimento delle acque che aveva creduto effetto dell’agitarsi e
del dibattersi di grossi cetacei.
"testimoni dell'evento furono i capitani Trafiletti e Corrao,
naviganti in quel mare (latitudine 37,11 nord e longitudine 12,44
est) che osservarono un getto d'acqua a cui tennero dietro colonne
di fiamme e di fumo che si elevavano ad un'altezza di 550 metri
circa. Il 16 luglio si vide emergere la testa di un vulcano in
piena eruzione e il 18 lo stesso capitano Corrao, di ritorno,
osservò il cono del vulcano che sporgeva dal mare. Presto si vide
emergere un'isoletta che crebbe sempre in eruzione e raggiunse, il
4 agosto, una base di tre miglia di circonferenza ed un'altezza di
sessanta metri, con due preminenze, una da levante ed una da
tramontana, a guisa di due montagne legate insieme; con due
laghetti bollenti".
Il capitano Corrao di Sciacca ed i marinai che tornavano dalla
pesca, passando da quel punto notarono gran quantità di pesci
galleggianti, alcuni morti, altri tramortiti ed una colonna di
fumo di circa 15 metri di altezza che si alzava impetuosamente dal
mare, accompagnata da forti brontolii e dal gorgoglio delle acque
circostanti. Dopo un paio di giorni cominciò l'eruzione di
lapilli, pomici, e scorie infuocate.
Dopo un paio di giorni cominciò l’eruzione di
lapilli, di pomici. di tufi e di scorie infuocate che, cadendo
roventi nel mare, ne determinavano uno spumeggiante stridore e si
spingevano fino alla spiaggia di Sciacca. Il 17 luglio si era già
formato un isolotto che cresceva rapidamente in dimensioni e in
altezza. La Deputazione sanitaria di Sciacca mandò sul posto una
barca peschereccia comandata da Michele Fiorini, il quale piantò
sulle falde del vulcano nascente un remo, come primo scopritore, e
portò a Sciacca le prime notizie sulla nuova isola.
Questa era sorta a 37°, 11’ di latitudine nord e
12°, 44’ di longitudine est, in una zona profonda 180 metri, sul
banco detto "secca di mare". La notizia della nascita della nuova
isola si sparse rapidamente; da Palermo fu inviata la real
corvetta Etna, al comando del capitano di fregata Raffaele Cacace;
da Marsala partì un brigantino inglese con a bordo anche molti
curiosi. I fenomeni eruttivi furono intensissimi dal 18 al 24
luglio, poi cessarono fino ad estinguersi nei primi di agosto,
epoca in cui l’isola raggiunse il suo massimo sviluppo: 4800 metri
di circonferenza e 63 metri di altezza massima. Essa si presentava
di forma circolare ed era irregolarmente alta; infatti dal lato di
nord-est aveva la sua massima altezza, dal lato sud era alta
appena m. 8,50 ed ancor meno dal lato ovest. Nel mezzo era un
falso piano che nella parte nord comunicava col mare ed in esso si
apriva il cratere della circonferenza di 184 metri, dove si
aprivano due bocche eruttive, dalle quali venivano emessi ad
intermittenza, i materiali vulcanici. L'eruzione durava da
mezz'ora ad un'ora e poi riprendeva dopo qualche minuto,
determinando così una deposizione a strati dei materiali eruttati.
Cessata l'eruzione, le due bocche del cratere si
riempirono di acqua marina che vi entrava da nord e si
trasformarono così in due laghetti dove l'acqua mandava vapore
fino alla altezza di qualche metro. Uno dei due laghetti aveva una
circonferenza di venti metri ed una profondità di due l’acqua
contenuta era di color giallo rossastro ed aveva sapore salino
piccante; l'altro laghetto era più piccolo e l'acqua aveva color
giallo e sapore sulfureo. L'analisi delle dette acque dimostrò
trattarsi di acqua marina con sali ferrosi ed idrogeno solforato.
La Deputazione sanitaria di
Sciacca mandò sul posto un peschereccio comandato da Michele
Fiorini, il quale piantò sulle falde del vulcano nascente un remo,
come primo scopritore, e portò a Sciacca le prime notizie sulla
nuova isola. Questa era sorta a 37 gradi e 11 primi di latitudine
nord e 12 gradi e 44 primi di longitudine est. I fenomeni eruttivi
furono intensissimi fino 24 luglio, poi cessarono fino ad
estinguersi nei primi di agosto, epoca in cui l'isola raggiunse il
suo massimo sviluppo: 4.800 metri di circonferenza e 63 di altezza
massima.
Non appena venne diffusa la notizia dell'apparizione di questo
piccolo lembo di terra, il primo studioso a giungere sul posto è
stato il prof. Karl Hoffman, docente di geologia presso
l'Università di Berlino, che si trovava casualmente in Sicilia. Il
tedesco, dopo aver fatto un'accurata ricognizione, riferì i
risultati in una lettera indirizzata al duca di Serradifalco. Il
governo borbonico, intanto, inviava subito sul posto il fisico
Domenico Scinà, il quale compilava un "breve ragguaglio al
novello vulcano apparso nel mare di Sciacca". Il prof. Carlo
Gemellaro, docente di Storia Naturale presso l'Università di
Catania, provvedeva invece a stilare una relazione circostanziata
che suscitava l'interesse di molti illustri uomini di cultura
scientifica, soprattutto stranieri.
Da Palermo fu inviata la
corvetta Etna, al comando del capitano Raffaele Cacace; da Marsala
partì un brigantino inglese con a bordo anche molti curiosi. Gli
inglesi ebbero una particolare predilezione per la nuova isola che
si trovava sulla rotta per Malta. La Gazzetta di Malta del 10
agosto riferiva che il capitano Sanhouse, comandante del cutter
Hind, il 2 agosto era sbarcato sull'isola e vi aveva piantato la
bandiera inglese.
Il 17 agosto, Ferdinando II di Borbone, re di Napoli e Sicilia,
includeva l'isola nel proprio regno e le dava il nome di
Ferdinandea, proposto da Carlo Gemmellaro geologo all'Università
di Catania e uno dei primi studiosi del fenomeno. Il 29 settembre
il francese Derussat, che faceva parte della spedizione
scientifica del prof. Prevost, issò la bandiera francese sulla
parte più alta dell'isola, alla quale fu dato il nome di Giulia in
quanto apparsa nel mese di luglio. All'isola furono quindi dati
sette nomi diversi: Sciacca, Nertita, Corrao, Hotham, Giulia,
Graham, Ferdinandea.
Il 26 settembre dello stesso anno la Francia, per non essere da
meno, inviava il brigantino "La Fleche", comandato dal capitano di
corvetta Jean La Pierre, il quale recava con sé una missione
diretta dal geologo Constant Prèvost insieme al pittore Edmond
Joinville, al quale si devono i disegni di quel fenomeno
eccezionale. Furono fatti dai francesi approfonditi rilievi e
ricognizioni accurate fino al 29 settembre, e il materiale
raccolto venne inviato al viceammiraglio della flotta francese De
Rigny. Il contenuto di queste relazioni stabilivano che l'isola,
sotto l'azione delle onde, aveva subito diverse frane, che a loro
volta avevano provocato grandi erosioni sui fianchi; quindi i
crolli avevano trascinato con sé una grande quantità detriti.
Pertanto l'isola, non avendo una base consistente, si poteva
inabissare bruscamente. Come gli inglesi, anche i francesi non
avevano chiesto alcun permesso al re Ferdinando II di Borbone,
quale legittimo proprietario dell'isola, essendo questa sorta
nella acque siciliane. Anzi i francesi la ribattezzarono "Iulia"
in riferimento alla sua comparsa avvenuta nel mese di luglio, poi
posero una targa a futura memoria con la seguente iscrizione:
"Isola Iulia – i sigg. Constant Prèvost, professore di geologia
all'Università di Parigi – Edmond Joinville, pittore 27, 28, 29
settembre 1831". In segno di possesso venne innalzata sul punto
più alto la bandiera francese.
Il re Ferdinando II, constatando l'interesse internazionale che
l'isoletta aveva suscitato, inviò sul posto la corvetta
bombardiera "Etna" al comando del capitano Corrao il quale, sceso
sull'isola, piantò la bandiera borbonica battezzando l'isola "Ferdinandea"
in onore del sovrano. Sembrava che l'evento non suscitasse altro
clamore, invece giunse sul posto il capitano Jenhouse con una
potente fregate inglese e il Corrao con i suoi marinai, grazie
alla mediazione del capitano Douglas, ottenne di rimettere la
questione ai rispettivi governi.
Intanto, mentre tutti litigavano sul suo possesso, la nuova isola,
battuta dalle onde, diminuiva a vista d'occhio; quando la visitò
Prevost il suo perimetro era ridotto a 700 metri. Alla fine di
ottobre l'isola emergeva solo un metro dal mare ed il cratere era
appena riconoscibile.
L'8 dicembre il capitano Vincenzo Allotta,
comandante del brigantino Achille, al posto dell'isola trovò una
piccola colonna di acqua calda "con puzza di bitume". Il 17
dicembre due ufficiali dell'Ufficio topografico di Napoli,
recatisi sul posto, trovarono che tutta l'isola era stata coperta
dal mare. Verso la fine del 1835 al posto dell'isola esisteva un
piccolo monte subacqueo esteso per circa 1100 metri e la cui cima
era a circa tre metri dalla superficie del mare, costituendo un
pericolo per la navigazione. Il 12 agosto 1863 il cratere si
riaprì ed in pochi giorni si formò una nuova isoletta che fu
subito distrutta dalle onde marine.
Secondo i rilievi fatti dall'Istituto Idrografico
della Marina Militare attualmente dell'isola rimane un cono
vulcanico, la cui sommità sale ad otto metri sotto il livello del
mare. Il 5 febbraio del 2000 il tratto di mare dove l'isola è
scomparsa cominciò a dare segni di vita, e i locali ritennero che
stava ripetendosi il fenomeno vulcanico che aveva portato
all'emersione di Ferdinandea nell'800. Di opposto parere i
geologi, ma tant'è, subito ripresero le polemiche: il Times
infatti pubblicò che un'isola britannica stava per riemergere dal
mare, mentre Carlo di Borbone (che vanta una discendenza da
Ferdinando II) ha rinunciato (non si sa a quale titolo!) a ogni
diritto sull'isola a favore dello stato italiano. |