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L'arca dell'Alleanza |
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La scena si svolge su un monte sacro dell'antico Egitto, nella
penisola del Sinai, lungo un sentiero il cui passaggio è proibito
alla gente comune. Inginocchiato davanti ad un roveto ardente, il
profeta Mosè sta ascoltando gli ordini del Dio di Israele. "Farai
un'arca di legno d'acacia e la rivestirai di oro puro. E dentro vi
porrai la Testimonianza che io ti darò", comanda il Signore Jahweh.
E Mosè obbedisce. Aiutato dal fido Bezaleel, e seguendo alla
lettera le indicazioni del suo Dio, il patriarca ebraico
costruisce una cassa di 125 centimetri di lunghezza per 75 di
altezza e larghezza e la riveste di oro purissimo, sia
internamente che esternamente. Quindi la copre con un coperchio
dorato, chiamato propiziatorio. Sopra di esso colloca poi
due piccole statuine, raffiguranti dei cherubini. E ai lati della
cassa incastra quattro anelli in modo che questa possa essere
trasportata più agevolmente, senza toccarla, inserendovi due pali.
All'interno dell'arca della testimonianza, l'oggetto più
sacro della tradizione religiosa ebraica, il profeta depone un po'
della manna raccolta durante la traversata del deserto, la magica
verga con cui erano state scatenate le piaghe contro l'Egitto e
separate le acque del Mar Rosso, ma soprattutto le Tavole dei
Dieci Comandamenti, il segno tangibile dell’alleanza con Dio.
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UNA TERRIBILE ARMA DA GUERRA |
Proseguendo nella lettura del libro biblico dell’Esodo,
scopriamo poi che, da quel momento, Mosè impone al suo popolo, per la
custodia del sacro oggetto, tutta una serie di disposizioni tanto
precise ed insidacabili quanto incomprensibili. Dell’arca si
occuperanno i figli di Aronne ed i leviti non vi si potranno
avvicinare se non dopo che questa sia stata coperta dai sacerdoti;
durante l’esodo la cassa sarà collocata all'interno della Tenda del
Signore (una specie di tempio smontabile) nelle soste e portata alla
testa del popolo durante le marce; nessuno dovrà mai toccarla. E
soprattutto, in particolari momenti spetterà solo a Mosè servirsene
per lasciarvi comparire Dio in trono nello spazio fra i due
cherubini.
Le disposizioni di Mosè vennero seguite alla lettera sino alla
scomparsa dell’arca, avvenuta probabilmente nel 587 a.C. In quell’anno,
infatti, le armate babilonesi sconfissero gli ebrei e li depredarono
di ogni bene. Prima di quella data, una volta raggiunta la Terra
Promessa, i leviti collocarono l’arca nel sancta sanctorum, una
segretissima cella sotterranea di venti cubiti per venti nel Tempio di
Gerusalemme.
A nessuno era concesso di accedervi e l’arca stessa veniva mostrata in
pubblico solo in casi eccezionali.
Ed il motivo di tanta segretezza era legato alla pericolosa ed
incontrollabile potenza attribuito a questo oggetto.
Si diceva che l’arca, in particolari momenti, si aureolasse di luce e
fosse in grado di scatenare la potenza divina, annientando migliaia di
persone. In che modo questo avvenisse non è chiaro. Ma è certo, se
prestiamo fede alle antiche cronache bibliche, che con l’arca alla
loro testa gli ebrei riuscirono ad annientare le decine di tribù
ostili incontrate durante l’esodo nel deserto del Sinai. Il resoconto
biblico al riguardo ci presenta un vero e proprio bollettino di
guerra: le folgori dell’arca avrebbero distrutto le armate degli etei
e dei gergesei, dei gebusei e degli evei e di un’altra decina di
popolazioni che vivevano nella fascia di Canaan nel XIIIº a.C.
Che cosa fossero queste folgori divine non è chiaro. In alcuni passi
la Bibbia sottintende la presenza di un non meglio identificato
angelo sterminatore, mentre in vari versetti dell’Esodo e
nel Secondo libro di Samuele si dice chiaramente che chiunque
toccava l’arca moriva percosso da Dio. Come accadde ai figli di
Aronne, sebbene fossero proprio loro gli esperti custodi della
reliquia, e ad un certo Oza che, volendo impedire che l’arca si
rovesciasse durante un trasporto, la afferrò con le mani e morì
all’istante, tra la costernazione generale.
Ma la più grande vittoria dell’arca resta la distruzione della città
di Gerico. Riguardo questo episodio il Libro di Giosuè è molto
chiaro. Per ordine di Dio per sei giorni le armate di Israele, guidate
da sette sacerdoti che recavano sette trombe di corno d'ariete e
l’arca dell’alleanza, girarono attorno ai bastioni ciclopici. "E al
settimo giorno, sonate le trombe, le mura crollarono", afferma la
Bibbia.
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UNA PILA DI LEYDA? |
Ammettendo la veridicità di questi episodi, che tipo di
spiegazione possiamo dare, al di là della facile supposizione
dell’intervento di Dio?
Secondo lo scrittore francese Robert Charroux "l’arca non era nulla di
più che un’impressionante arma capace di sviluppare energia elettrica.
Non dobbiamo dimenticare che Mosè, quando ancora veniva istruito come
futuro faraone, aveva ricevuto dai sacerdoti egizi profonde nozioni
alchemico-esoteriche di chimica, fisica e meteorologia tali da
dare ragione di alcuni dei prodigi attribuitigli. L’arca dell’alleanza
poteva essere una specie di forziere elettrico capace di produrre
forti scariche dell'ordine dei 5-700 volt..."
"L’arca era fatta di legno d'acacia - scrive il ricercatore - e
rivestita di oro all'interno e all'esterno. Con questo stesso
principio si costruiscono i condensatori elettrici, separati da un
isolante che in quel caso era il legno. L’arca veniva posta in una
zona secca, dove il campo magnetico naturale raggiunge normalmente i
600 volt per metro verticale, e si caricava. La sua stessa ghirlanda
forse serviva a caricare il condensatore. Per spostarla i leviti
passavano due stanghe dorate negli anelli, tanto che dalla ghirlanda
al suolo la conduzione avveniva per presa di terra naturale,
scaricandosi senza pericolo. Isolata, l'arca talvolta si aureolava di
raggi di fuoco, di lampeggi, e, se toccata, dava scosse terribili. In
pratica si comportava esattamente come una pila di Leyda...". |
CERCANDO LA RADIO DI DIO |
Secondo Charroux, dunque, l’arca altro non era che un’arma elettrica
costruita sulla scorta di antiche conoscenze perdute e custodite solo
dagli Iniziati egizi. Sempre grazie a queste conoscenze, che per il
divulgatore svizzero Erich Von Daeniken erano invece di origine
extraterrestre, Mosè avrebbe costruito un propiziatorio che funzionava
come una radio a transistor. Solo in questo modo si spiegherebbe, per
lo scrittore, il fatto che Mosè potesse parlare come ad un amico
con il Signore Iddio.
Queste incredibili prestazioni potrebbero allora spiegare il manifesto
interesse delle altre popolazioni verso l’arca santa.
Il tempio di Gerusalemme, ove veniva custodita la sacra reliquia,
venne saccheggiato ripetutamente: nel 925 a.C. dagli egiziani del
faraone Soshenq Iº, nel 797 da Gioas re d'Israele, nel 621 dalle
armate caldee e babilonesi.
Quando l’oggetto scomparve non è sicuro. Certamente quando nel 516
a.C. il prefetto Zorobabel ricostruì il Tempio di Gerusalemme, l’arca
non c’era più.
O almeno, non in maniera evidente, secondo il rabbino israeliano
Shlomo Goren, convinto che l'arca si trovi attualmente ancora nel
sancta sanctorum, sfuggito alle razzie degli invasori.
"Basterebbe scavare in corrispondenza della sua antica collocazione. -
dichiara Goren -Purtroppo però adesso in quella zona sorge la spianata
delle moschee islamiche di Gerusalemme e le autorità religiose
preferiscono evitare qualsiasi scavo archeologico per evitare attriti
con i musulmani..." |
TRA I FALASCIA’ DI RE SALOMONE |
Secondo un’altra versione, raccontata nella cronaca etiope trecentesca
Kebra Nagast o Gloria dei re, l’arca dell’alleanza si
troverebbe ad Axum, in Etiopia. A portarcela sarebbe stato un certo
Menelik, che la tradizione vuole nato dal matrimonio di re Salomone
con Makeda, la regina di Saba. Il figlio della giovane ed avvenente
etiope, d’accordo con un pugno di ebrei ribelli, avrebbe rubato l’arca
trasportandola segretamente ad Axum. E grazie ai poteri della stessa,
i falascià di Menelik, cioè gli ebrei etiopi, avrebbero sollevato
senza sforzo le centinaia di tonnellate dei giganteschi obelischi
eretti ad Axum.
Questa vicenda ha affascinato le decine di ricercatori che si sono
messi sulle tracce dell’arca, dall’archeologo ebreo Vendil Indiana
Jones, ispiratore dell’omonimo personaggio televisivo,
allo studioso inglese Graham Hancock, un esperto di storia templare
convinto che il sacro cofano sia custodito in una cappella nel lago
Tana in Etiopia.
Sfortunatamente, ognuna delle circa ventimila chiese copte
dell’Etiopia custodisce una copia dell’arca. Trovare quella autentica
è dunque come cercare un ago in un pagliaio.
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TRE ITALIANI |
Ma forse tre italiani sono riusciti in questa impresa disperata.
Si tratta dei professori Vincenzo Francaviglia, direttore del CNR per
le tecnologie applicate ai Beni culturali, Giuseppe Infranca
dell’Università di Reggio Calabria e dell'architetto Paolo Alberto
Rossi del Politecnico di Milano.
"Nel 1990 ci trovavamo ad Axum per un invito ufficiale del governo
etiopico - ha raccontato il professor Francaviglia alla stampa - e,
dopo una serie di cerimonie, venne organizzato un incontro con l'abuna,
la massima autorità religiosa. Questi ci ricevette con i paramenti
solenni e ci condusse a visitare la vecchia chiesa cristiana S.Maria
di Sion ad Axum, una chiesa costruita nel Seicento dall'imperatore
Fasiladas...Dietro l'altare maggiore, protetta da un baldacchino di
velluto rosso con ricami, c’era l'arca. L'abuna non voleva
affatto mostrarcela. Ma un giovane chierico aprì la tenda e noi
potemmo vedere una cassa di legno scuro, lunga un metro e alta
sessanta centimetri, con il tetto a doppio spiovente. Non c’erano più
le lamine d'oro e la superficie stessa appariva deteriorata. Appena l'abuna
si accorse che stavano osservando l’arca, rimproverò aspramente il
chierico, ordinandogli di abbassare immediatamente la tenda..."
Secondo la religione copta, difatti, non è concesso a nessuno di
vedere l’arca. Si dice che persino al negus Hailè Selassiè, che
ne aveva espresso il desiderio, venne opposto un secco rifiuto. E si
dice che l’accesso alla stanza dell’arca sia consentito ad un solo
abuna per generazione...
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MESSAGGERA DELLA FINE DEI TEMPI |
Curiosamente tutti queste narrazioni sembrano dimenticare quanto
scrive la Bibbia nel Secondo libro dei Maccabei, allorché
viene raccontato dettagliatamente di come il profeta Geremia,
salito sul monte Nebo, abbia deciso di nascondere l'arca "in un
antro" poi murato, probabilmente per sottrarre il prezioso reperto
alla furia delle armate del sovrano babilonese Nabucodonosor, che
cingevano d'assedio Gerusalemme nel 587 a.C. Lo stesso Geremia,
forse pentitosi della sua decisione, non sarebbe stato poi più in
grado di ritrovare il punto esatto ove l’arca era stata occultata.
La storia della sacra reliquia, quindi, nasce e muore all’interno
della Bibbia stessa, senza alcun appello per le tesi appassionate
dei cacciatori dell’arca perduta. Ma non è il caso di perdere le
speranze. Sempre nel testo biblico, nell’Apocalisse, è
scritto che l’arca riapparirà nei giorni del giudizio universale.
In quel tempo "si riaprirà il tempio Dio in cielo e l’arca
dell’alleanza apparirà fra le nubi". Ma forse, per l’epoca, la
caccia all’arca perderà d’importanza... |
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tratto da:
OLTRE LA CONOSCENZA -
http://www.acam.it/alleanza.htm |
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