I dogmi
cattolico-romani intorno alla persona e natura umana di Maria:
Immacolata concezione del 1854 (cioè nata senza peccato originale) e
Assunzione del 1950 (cioè ascesa in cielo dopo la morte, in anima e
corpo), che contraddicono, il primo, la teoria paolina della
trasmissione del peccato adamitico a tutta l'umanità, e il secondo, la
convinzione della chiesa primitiva secondo cui Maria era morta e
sepolta (morta a Efeso? sepolta nei pressi del Getsemani?) - sono
stati il tentativo di recuperare sul piano della devozione più
fideistica quanto la chiesa italiana aveva perso -a partire dal
processo dell'unificazione nazionale- sul terreno politico e
istituzionale. Sono stati cioè il tentativo da parte della curia
romana di riavvicinarsi alle masse cattoliche facendo leva sulla loro
disponibilità a non mettere in discussione le decisioni religiose,
indirettamente politiche, del papato (la formulazione dei due dogmi
infatti non ha beneficiato di alcun previo consenso ecclesiale):
quelle masse cattoliche che nell'800 s'erano lasciate influenzare
dalle idee del liberalismo e nel '900 da quelle del socialismo.
Tuttavia, la chiesa
romana, con la sua abitudine a imporre dogmi e decreti, non ha fatto
altro che instillare l'indifferenza nel laicato cattolico (specie
quello intellettuale), il quale, ancora oggi, è disposto formalmente
ad accettare tutto a condizione che non lo si costringa a farlo
veramente. Ecco perché in questi due dogmi sono molto pochi i
cattolici a credere ciecamente.
Abbiamo parlato di
chiesa "cattolico-romana" perché quella ortodossa non considera
l'assunzione un dogma, non avendo questa teoria alcun riferimento
biblico; inoltre, pur credendo nella verginità perpetua di Maria (parthenos),
essa rifiuta la dottrina dell'esenzione dal peccato d'origine, poiché
se questa fosse vera porrebbe la "grazia" al di sopra di qualunque
opera di fede.
Nonostante ciò il
recente Catechismo Universale sostiene che nei concetti orientali di
Theotokos (madre di Dio) e di Panaghia (tutta santa) sia implicita
l'idea dell'immacolata concezione (cfr n. 493). Cosa di per sé
assurda, in quanto l'ortodossia è contraria persino all'idea,
tipicamente cattolica, della trasmissione biologico-ereditaria del
peccato d'origine. Anche quando gli iconografi bizantini dipingevano
la "dormizione", cioè il momento della morte di Maria, la sua anima
"infante" nelle braccia del Cristo non stava a significare alcuna
assunzione, ma solo che il Cristo nato, come uomo, da lei, era anche
il "dio" da cui la stessa Maria era nata.
Naturalmente la
formulazione di questi due assurdi dogmi, che negano tutto il valore
specifico del messaggio di Cristo, sono stati la logica conclusione di
riflessioni teoriche elaborate nei secoli precedenti, rimaste ferme al
livello di semplici opinioni. In particolare -afferma la Uta R.-Heinemann-
"fintanto che si tenne per certa, con Agostino, la trasmissione del
peccato originale attraverso l'atto sessuale, non si poteva parlare di
un concepimento di Maria [nel senso della sua stessa nascita] senza il
peccato originale. Per Agostino soltanto Gesù venne al mondo senza
peccato originale, perché lui solo venne al mondo senza atto
sessuale"(in Eunuchi per il regno dei cieli, ed. Rizzoli, p.76).
Bernardo di Chiaravalle si oppose infatti all'idea di considerare
anche Maria esente dal peccato d'origine e, con lui, Tommaso d'Aquino,
Bonaventura, Alessandro di Hales ecc. Abelardo e Duns Scoto invece
l'accettarono.
Nel XV secolo le
divergenze circa la dottrina dell'immacolata concezione portarono a
conflitti così forti tra francescani (favorevoli) e domenicani
(contrari) che papa Sisto IV si vide costretto a vietare alle due
parti in causa di applicare la censura di eresia alla parte avversa
(1483). Alcuni domenicani, a Berna, finirono sul rogo il 31 maggio
1509. Si può qui ricordare che il concilio di Basilea del 1439 arrivò
a prescrivere la festa dell'immacolata concezione per tutta la chiesa,
ma senza ottenere l'effetto sperato, poiché essa possedeva ancora il
potere di operare forti scissioni. Solo nei secoli XVII e XVIII la
festa raggiunse un carattere universale.
Come alcuni psicologi
hanno notato, nei due suddetti dogmi si può rilevare una sorta di
sessuofobia, di chierico maschilismo e di acceso odio nei confronti
della donna (e proprio mentre si presume di esaltarla!), il cui
modello infatti -Maria- è qui assolutamente inimitabile, essendo la
sua virtù frutto di un'arbitraria quanto insondabile grazia divina, e
non di una scelta personale. Ciò a prescindere dal fatto che nelle
presunte apparizioni della Vergine, che accompagnano sempre, con
straordinaria regolarità, i momenti più significativi della storia del
culto e del dogma mariano, protagoniste principali delle visioni siano
le donne, anch'esse vergini, per lo più adolescenti, quasi sempre
povere e ignoranti. A partire dall'anno Mille sono state recensite nel
mondo circa 21.000 apparizioni della Vergine, di cui 220 tra il 1928 e
il 1971, e fra queste un centinaio nel solo 1940, anno di guerra
mondiale.
D'altra parte la
mariologia non è stata elaborata da donne, ma da uomini, per giunta
celibi, che ritenevano il loro stato celibatario superiore a quello
matrimoniale. Nel vangelo di Marco, che è il più antico, risulta
chiaro che il Cristo aveva altri "fratelli e sorelle"(3,31s.; 6,3).
Paolo sapeva che uno dei capi della comunità di Gerusalemme, Giacomo,
era "fratello di Gesù"(Gal 1,19; 1 Cor 9,5). E nel vangelo di
Giovanni, Gesù viene indicato espressamente come "figlio di
Giuseppe"(1,45; 6,42). Nello stesso vangelo si dice che i suoi
fratelli "non credevano in lui" (7,3ss.), anche se in At 1,14 essi
fanno già parte dei credenti. Peraltro, nel vangelo di Matteo (1,23),
parlando dell'annunciazione, si descrive Maria intenta a leggere la
profezia d'Isaia (che si riferiva a Ezechia, 7,4) sulla vergine che
doveva partorire l'Emanuele. Ebbene la parola ebraica "almon",
tradotta come "vergine" in greco, voleva semplicemente dire "giovane
donna in età da marito".
Verso il 150 d.C., tutti
questi fratelli e sorelle furono considerati figli di un presunto
precedente matrimonio di Giuseppe (vedi l'apocrifo protovangelo di
Giacomo). Intorno al 400, siccome anche Giuseppe doveva passare sotto
le forche caudine della "verginità perpetua", i fratellastri e le
sorellastre di Gesù finirono per assumere il ruolo di "cugini e
cugine", figli di altre donne o di altre Marie (Mt 27,56; 28,1; Mc
15,40; Gv 19,25), parenti più o meno prossime di Gesù. Il primo a
formulare questa tesi, che ancora oggi fa scuola, fu Girolamo, nel
testo Contro Gioviniano. Egli peraltro assunse il pretesto che nel
mondo ebraico col termine "fratello" s'intendeva una larga parentela.
I vangeli però furono scritti in greco e, se si volevano evitare
equivoci, questa lingua aveva a disposizione concetti più precisi.
I nestoriani, al
concetto teologico di "madre di Dio" preferirono quello, più umano, di
"madre di Cristo". Sulla stessa scia si situarono la sètta araba degli
antidicomarianiti, il vescovo Bonoso di Sardica, il laico Elvidio, il
monaco Gioviniano di Roma, il presbitero africano Vigilanzio, i quali
però incontrarono la forte opposizione, risultata poi vincente, dei
vari Efrem, Epifanio, Ambrogio, Agostino, Girolamo, Cirillo di
Alessandria, Giovanni Damasceno e altri Padri eminenti, che si
avvalsero delle decisioni del concilio di Efeso del 431.
Non solo dunque Maria
rimase vergine ante partum, in partu et post partum (in partu per gli
ortodossi significa semplicemente "durante la gravidanza"; per i
cattolici invece significa anche che l'imene non si ruppe), in quanto
che essa non ebbe mai alcun rapporto matrimoniale, come è attestato
dalle più antiche icone, che la ritraggono con le tre stelle sulla
fronte e sulle spalle, ma -aggiungono i cattolici- Maria "immacolata"
non fu neppure soggetta alla sofferenza durante il travaglio, avendo
concepito senza il piacere della carne. In pratica Gesù sarebbe nato,
secondo le leggende popolari, come Platone, Augusto, Alessandro ecc.,
e Maria non sarebbe che una novella Iside.
Nonostante questa
presunta superiorità di Maria rispetto alle altre donne e a tutti gli
uomini, Tommaso d'Aquino non si fece scrupolo nell'affermare che se
Maria possedeva l'uso della sapienza nella contemplazione, non aveva
però il potere d'insegnare. Con ciò Tommaso non aveva certo intenzione
di ricordare il fatto, tratto da Mc 3,31ss., che Maria e i suoi figli
consideravano Gesù un "pazzo", ma semplicemente che la catechesi era
un privilegio esclusivo del sesso maschile. (Priva di senso comunque
resta l'affermazione del già citato Catechismo, secondo cui "Maria,
per la grazia di Dio, è rimasta pura da ogni peccato personale durante
tutta la sua esistenza", n.493).
Naturalmente voci di
dissenso stanno cominciando ad apparire anche nel mondo cattolico,
dove teologi eminenti, che rischiano sempre di perdere l'insegnamento,
come Schnackenburg, Pesch e Lohfink sostengono -a differenza di quanto
ha ribadito papa Wojtyla nell'enciclica Redemptoris Mater del 19'87-
che il concepimento verginale biologico non è verità di fede biblica e
non si può scartare a priori l'ipotesi che Gesù avesse avuto da Maria
alcuni fratelli e sorelle (cfr Mt 13,55s.).
Questi due dogmi, se
vogliamo, costituiscono anche una sorta di risposta ideologica
all'esigenza che il clero cattolico avverte di giustificare la propria
sottomissione al celibato. Il sacerdote cioè ora sa che non può avere
rapporti sessuali con una donna perché la donna per eccellenza, Maria,
può essere amata solo senza sessualità, essendo essa "panaghia".
E così, quanto meno il
sacerdote ama la donna terrena, tanto più dovrà amare la donna
celeste, astratta, frutto della fantasia più arbitraria. Maria diventa
colei che chiede al sacerdote di farsi eunuco per il regno dei cieli.
I due dogmi sublimano un vero complesso di castrazione. Complesso che
può anche portare a pericolose deviazioni verso la pedofilia o
comunque a pratiche omosessuali e onanistiche. La "castrazione" può
anche essere intesa in senso traslato, come frustrazione sociale,
politica e culturale di un popolo oppresso da altri popoli: non a caso
ai tempi del nazismo l'idea della razza pura trovò ampi appoggi nei
seguaci dell'assoluta verginità di Maria.
In tal senso va
considerata relativamente giusta l'idea dello psicologo Jung, espressa
nel suo importante studio La risposta a Giobbe, secondo cui il simbolo
di questo sapiente ebreo, oppresso da disgrazie immeritate, può
trovare in Maria assunta in cielo l'avvocato difensore presso la
Trinità.
Noi tuttavia preferiamo
credere, come i protestanti, che tutti i dogmi elaborati intorno alla
figura di Maria non siano altro che l'espressione, popolarizzata,
delle prerogative e dei privilegi che la chiesa romana vuole
attribuire a se stessa. Dice però, a tale proposito, Feuerbach: il
protestantesimo "avrebbe dovuto essere così coerente e coraggioso da
rinunciare con la madre anche al Figlio e al Padre. Soltanto chi non
ha genitori sulla terra, ha bisogno di genitori in cielo"(cfr
L'essenza del cristianesimo, ed. Feltrinelli, cap VII).
Enrico Galavotti
da www.homolaicus.com
galarico@inwind.it
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