E' il paladino della
libertà scientifica e il testimone dell'oscurantismo religioso
cattolico. Questo nell'immaginario popolare e sui libri di testo
scolastici. Ma la verità storica è un'altra. "Eppur si muove!". Chi
non ricorda questa celebre frase attribuita a Galileo Galilei che
volle così rispondere, ci viene detto, con fiero cipiglio, alla
lettura della sentenza di quei feroci inquisitori che lo condannavano
per le sue scoperte scientifiche? Gran parte degli studenti ne sono
persuasi. Processato, condannato, torturato, incarcerato e, cosi`
credono in buona percentuale, anche bruciato sul rogo: questo
l'insieme delle cognizioni che la scuola e i mass media ci propinano a
proposito dello scienziato pisano. Solo una minoranza esigua, più
preparata, risponderà che Galileo è giustamente famoso per aver
applicato per primo il metodo sperimentale, tipico della scienza
moderna, per aver perfezionato e utilizzato a fini scientifici il
cannocchiale, per aver scoperto il termometro, la legge che regola le
oscillazioni del pendolo, la montuosità della luna, la natura stellare
della Via Lattea, i 4 satelliti di Giove, le anomalie di Saturno, le
macchie solari e le fasi di Venere. Diciamo la verità: più che per la
sua opera scientifica.
Galileo è noto per i
due processi subiti dall'Inquisizione nel 1616 e nel 1633, che lo
hanno fatto diventare un paladino della scienza moderna e del
progresso ed una vittima dell'oscurantismo religioso e conservatore
della Chiesa cattolica. Eccoci dunque di fronte ad una vittima
innocente immolata sull'altare di quel cattolicesimo che pretendeva di
possedere verità assolute anche in materie scientifiche, ad un martire
della scienza, ad un testimone dell'irriducibile contrapposizione tra
la Fede religiosa e la scienza. Senza pretesa di esaurire l'argomento,
qualche considerazione ci aiuterà ad avere le idee più chiare. In
primo luogo: Galileo non si considero` mai avversario della Chiesa,
come tenta di convincerci una delle più grandi menzogne che ci siano
mai state propinate.
Conservo` la fede cattolica fino alla morte, fu
amico per lungo tempo di papi e di cardinali, (il cardinale Maffeo
Barberini, poi eletto Papa con il nome di Urbano VIII, fu suo grande
ammiratore) e da molti religiosi fu protetto e incoraggiato nelle sue
ricerche. Quando nel 1611 si reco` a Roma fu molto ben accolto dal
padre Cristoforo Klaus (Clavio) e dai gesuiti del Collegio Romano. Fu
ricevuto persino da Papa Paolo V, con il quale ebbe un lungo e
caloroso colloquio. Qualche mese prima, si era convinto delle fasi di
Venere analoghe a quelle della Luna, segno che il pianeta girava
intorno al Sole dal quale riceveva la luce. Il sistema tolemaico era
cosi` confutato, quello eliocentrico non era certamente dimostrato, e
tutto questo non sembrava pregiudicare i suoi rapporti con il mondo
ecclesiale. Anzi, mentre i colleghi scienziati, con in testa il famoso
Cremonini, accusavano Galileo di vedere "macchie sulle lenti del
telescopio", non mancava al pisano l'appoggio dei potentissimi
astronomi e filosofi della Compagnia di Gesù (gesuiti), capitanati da
san Roberto Bellarmino, generale dell'Ordine dei Gesuiti e consultore
del Sant'Uffizio. E ancora. Quando padre Cavini attaccherà Galileo a
Firenze, nella chiesa di santa Novella, lo scienziato verrà difeso dal
padre Benedetto Castelli, suo discepolo e professore di matematica a
Pisa, e dal maestro Generale dei Domenicani, padre Luigi Maraffi.
Sara` poi il cardinale Giustiniano ad ordinare al Cavini di ritrattare
pubblicamente le sue accuse. Senza dimenticare che a Napoli, un altro
religioso, il padre Foscarini, pubblicava un elogio di Galileo e del
sistema copernicano (che molti gesuiti dotti approvavano) ottenendo
l'approvazione ecclesiastica. E ancora. Anche dopo la sentenza del
1633, che, oltre all'abiura, lo "condannava" a recitare una volta la
settimana i sette salmi penitenziali per un periodo di tre anni, fu
ospitato nella villa del cardinale di Siena, Ascanio Piccolomini, "uno
dei tanti ecclesiastici che gli volevano bene" (Messori).
Quindi, si trasferì
nella sua villa di Arcetri, detta "il gioiello", alla periferia di
Firenze. Morì con la benedizione del Papa e ricevendo l'indulgenza
plenaria, segno che la Chiesa non lo considerava certamente un
avversario né lui considerava tale la Chiesa. Proprio una favola
quella dell'inimicizia, della contrapposizione invincibile,
dell'insanabile rottura tra lo scienziato pisano e la Chiesa
cattolica. Una favola che per primo contesterebbe proprio lo
scienziato pisano. Non va dimenticato, infatti, che al termine della
sua vita movimentata, lasciò scritto che "in tutte le opere mie,
non sarà chi trovar possa pur minima ombra di cosa che declini dalla
pietà e dalla riverenza di Santa Chiesa". In secondo luogo: la
teoria eliocentrica (la Terra e i pianeti ruotano attorno al sole) non
fu inventata da Galileo. Già Aristarco di Samo e la scuola pitagorica,
cinque-sei secoli prima di Cristo avevano sostenuto fosse la Terra a
ruotare annualmente intorno al sole. Questa teoria venne ripresa da
Copernico, sacerdote polacco, morto 21 anni prima della nascita di
Galileo. Se Copernico decise di pubblicare i suoi studi solo l'anno
della sua morte fu per timore di essere dileggiato dai colleghi di
studi, non certo da uomini di Chiesa (i papi Clemente VII e Paolo III,
cui l'opera di Copernico era dedicata), dai quali ebbe favori e
incoraggiamenti. Proprio come accadde a Galileo, che ebbe tra i suoi
più fieri avversari i colleghi, peraltro irritati dal carattere tutt'altro
che facile dello scienziato pisano, non i religiosi. In terzo luogo:
Galileo non portò alcuna prova scientifica che potesse sostenere senza
ombra di dubbio la teoria eliocentrica. Per "provare" che la Terra
ruotava intorno al sole sosteneva che le maree erano dovute allo
"scuotimento" delle acque causato dal movimento terrestre. Ma questo
argomento era scientificamente insostenibile. Avevano ragione i suoi
"giudici inquisitoriali", i quali sapevano bene che le maree sono
dovute all'attrazione lunare. Sentiamo Messori: "In quel 1633 del
processo a Galileo, sistema tolemaico (Sole e pianeti ruotano attorno
alla Terra) e sistema copernicano (Terra e pianeti ruotano attorno al
Sole) non erano che due ipotesi quasi in parità, su cui scommettere
senza prove decisive. E molti religiosi cattolici stessi stavano
pacificamente per il "novatore" Copernico, condannato invece da Lutero".
Il Cardinale Bellarmino sosteneva che la teoria eliocentrica,
considerata come "ipotesi" scientifica (e ipotesi doveva correttamente
considerarsi, fino a quando non fosse stata dimostrata vera) non era
da scartare a priori, ma bisognava portare le prove. La posizione del
Bellarmino è assai più corretta di quella di Galileo, che senza prove
la spacciava per tesi inconfutabile. Anzi, in questo specifico caso,
proprio il Bellarmino aveva assunto allora una posizione che la fisica
moderna, quella dei nostri tempi, dà per scontata. In quarto luogo:
nel processo del 1616 di Galileo non si parla nemmeno. Ma,
successivamente convocato al Sant'uffizio, gli fu reso nota la
condanna della tesi copernicana e imposto di non insegnarla prima che
venisse corretta (quattro anni dopo la teoria fu corretta e
qualificata come ipotesi e non come tesi). L'ingiunzione gli venne
comunicata privatamente per non esporlo al dileggio dei colleghi.
Galileo promise di obbedire (e non lo fece) e venne ricevuto dal Papa
in persona. Una "condanna" straordinariamente mite.
Come mite fu la
"condanna" subita nel processo del 1633. Galileo non passò nemmeno un
minuto in carcere, non venne mai torturato, non gli fu impedito di
incontrare colleghi e religiosi (vanno a trovarlo uomini del calibro
di Hobbes, Torricelli e Milton), di scrivere, di studiare e di
pubblicare, tant'è che il suo capolavoro scientifico - Discorsi e
dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze - risale al
1638, cinque anni dopo la condanna. Ci manca ancora un punto. La
famosa frase "Eppur si muove" con la quale abbiamo aperto queste
considerazioni. Un altro falso storico. Fu inventata a Londra, nel
1757, dal brillante e spesso inattendibile giornalista Giuseppe
Baretti. Come si vede, nel caso Galilei abbiamo bisogno di un po' di
verità.
BIBLIOGRAFIA
Rino Cammilleri,
La verità su Galileo, in Fogli, n. 90, Anno XI, settembre 1984.
Jean Pierre Lonchamp,
Il caso Galileo, edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1990.
© Il Timone - n. 1
Maggio/Giugno 1999
tratto dal sito:
http://www.kattoliko.it/leggendanera/galileo.htm