Giuseppe Garibaldi ci è stato presentato come l'eroe dagli occhi
azzurri, biondo, alto, coraggioso, romantico, idealista; colui il
quale metteva a repentaglio la propria vita per la libertà altrui.
Non esiste città d'Italia che non gli abbia dedicato una piazza o
una strada.
Garibaldi non era alto, era biondiccio e pieno di reumatismi,
camminava quasi curvo e dovevano alzarlo in due sul suo cavallo.
Portava i capelli lunghi, si dice nel sud, perché violentando una
ragazza questa gli staccò un orecchio.
Questo signore non era un eroe; oggi lo si chiamerebbe
delinquente, terrorista, mercenario.
Era alto 1,65, aveva le gambe arcuate e curava molto la sua
persona.
Fra il 1825 ed il 1832 fu quasi sempre imbarcato intraprendendo
viaggi nel Mediterraneo. Nel 1833, durante un viaggio a
Taganrog ebbe modo di conoscere dei rivoluzionari che lo
affascinarono all'idea della fratellanza umana ed universale e
all'abolizione delle classi, idee che si rifacevano al Saint
Simon. Cominciò, pertanto, a pensare all'idea dell'unificazione
italiana da realizzare con l'abbattimento di tutte le monarchie
allora dominanti e la fondazione di una repubblica. Accrebbe
codesta convinzione quando incontrò Mazzini nei sobborghi di
Marsiglia e, affascinato dalle idee del genovese, si iscrisse
alla setta segreta "Giovine Italia". Nel dicembre del 1833 si
arruolò nella marina piemontese per sobillare e per praticare la
propaganda della setta tra i marinai savoiardi.
Nel 1834 tentò un'insurrezione a Genova contro il Piemonte;
scoperto riuscì a fuggire in Francia. Processato in contumacia
a Genova, fu condannato a morte per alto tradimento dal governo
piemontese.
Nel 1835 fuggì in Brasile, considerato una specie d'Eldorado dagli
emigranti piemontesi che in patria non trovavano lavoro, ed erano
tantissimi; da lì e dalle altre province del nord, ogni anno un
milione di emigranti raggiungevano le terre Sudamericane.
Fra i 28 e 40 anni Garibaldi visse come un corsaro ed imitò i
grandi pirati del passato assaltando navi, saccheggiando e, come
dice Denis Mack Smith, si abituò a vedere nei grandi
proprietari delle pampas un tipo ideale di persona delle pampas".
Al diavolo la lotta di classe! il danaro era più importante -
diciamo noi.
A Rio de Janeiro si iscrisse alla sezione locale della Giovine
Italia. Nel 1836 chiese a Mazzini se poteva cominciare la
lotta di liberazione affondando navi piemontesi ed austriache che
stazionavano a Rio. Il rappresentante piemontese nella capitale
brasiliana rapportò al governo sabaudo che nelle case di quei
rivoluzionari sventolava la bandiera tricolore, simbolo di
rivoluzione e sovversivismo.
Nel maggio del 1837, con i soldi della carboneria, Garibaldi mise
in mare una barca di 20 tonnellate per predare navi brasiliane;
non a caso fu battezzata Mazzini. Quest'uomo, condannato a
morte per alto tradimento e poi pirata e corsaro nel fiume Rio
Grande, è il nostro eroe nazionale; anzi, non lo è più! Ora è eroe
della nazione Nord.
In Uruguay si batteva per assicurare il monopolio commerciale
all'Impero Britannico contrastando l'egemonia cattolico-ispanica.
Nel 1844, a Montevideo iniziò la sua vera carriera di massone dopo
l'iniziazione avuta con l'iscrizione alla Giovine Italia del
Mazzini.
In Italia i pennivendoli di regime continuano ad osannare le
imprese banditesche del pirata nizzardo offendendo la storia e la
dignità delle nazioni Sudamericane. L'indignazione della gente è
racchiusa in un articolo di un giornale, il Pais che vende
300.000 copie giornaliere e che così si è espresso il 27-7-1995 a
pag. 6: "... Garibaldi. Il presidente d'Italia è stato nostro
illustre visitante...... Disgraziatamente, in un momento della sua
visita, il presidente italiano si è riferito alla presenza di
Garibaldi nel Rio della Plata, in un momento molto speciale della
storia delle nazioni di questa parte del mondo. E, senza animo di
riaprire vecchie polemiche e aspre discussioni, diciamo al dott.
Scalfaro che il suo compatriota (ndr, Giuseppe Garibaldi) non ha
lottato per la libertà di queste nazioni come (Scalfaro) afferma.
Piuttosto il contrario".
La carriera massonica di Garibaldi culminò col 33°gr. ricevuto a
Torino nel 1862, la suprema carica di Gran Hierofante del Rito
Egiziano del Menphis-Misraim nel 1881.
Il Grande Oriente di Palermo gli conferì tutti i gradi dal 4° al
33° e a condurre il rito fu mandato Francesco Crispi accompagnato
da altri cinque fra massoni.
Il mito di Garibaldi finisce quando si apprende che la spedizione
dei Mille fu finanziata dalla massoneria inglese con una somma
spaventosa di piastre turche equivalenti a milioni di dollari in
moneta attuale.
Con tale montagna di denaro poté corrompere generali, alti
funzionari e ministri borbonici, tra i quali non pochi erano
massoni.
Come poteva vincere FrancescoII, se il suo primo ministro, Don
Liborio Romano, era massone d'alto grado?
Appena arrivato a Palermo, Garibaldi saccheggiò il Banco di
Sicilia di ben cinque milioni di ducati come fece saccheggiare
tutte le chiese e tutto ciò che trovava sulla sua strada.
In una lettera Emanuele II ebbe a lamentarsi con Cavour circa le
ruberie del pirata nizzardo ".. Come avrete visto, ho liquidato
rapidamente la sgradevolissima faccenda Garibaldi, sebbene -
siatene certo - questo personaggio non è affatto così docile né
così onesto come lo si dipinge, e come voi stesso ritenete. Il suo
talento militare è molto modesto, come prova l'affare di Capua, e
il male immenso che è stato commesso qui, ad esempio l'infame
furto di tutto il denaro dell'erario, è da attribuirsi interamente
a lui, che s'è circondato di canaglie, ne ha seguito i cattivi
consigli e ha piombato questo infelice paese in una situazione
spaventosa".
Ma erano mille i garibaldini? Certamente. Ma ogni giorno
sbarcavano sulla costa siciliana migliaia di soldati piemontesi
congedati dall'esercito sabaudo per l'occasione dall'altro massone
Cavour ed arruolati in quello del generale nizzardo. Una
spedizione ben congegnata, raffinata, scientifica, appoggiata
dalla flotta inglese ed assistita da valenti esperti
internazionali.
La massoneria siciliana, da anni, stava preparando la sollevazione
e mise a disposizione di Garibaldi tutto l'apparato mafioso della
Trinacria.
A Bronte fece fucilare per mano di Bixio i contadini che avevano
osato "usurpare" le terre concesse agli inglesi dai Borbone. Ecco
chi era il vero Garibaldi! Amico e servo dei figli d'Albione,
assassino e criminale di guerra per aver fatto fucilare cittadini
italiani a Bronte.
Il socialismo, l'uguaglianza, la libertà potevano anche andare a
farsi benedire di fronte allo sporco danaro e al suo servilismo
massonico. Suo fine non era dare libertà alle genti del Sud ma
togliere loro anche la vita.
Scopo della sua missione fu quello di distruggere la chiesa
cattolica e sostituirla con quella massonica guidata da Londra.
Garibaldi, questo avventuriero, definiva Pio IX "...un metro
cubo di letame" in quanto lo riteneva - acerrimo nemico
dell'Italia e dell'unità". Considerava il papa "...la
più nociva di tutte le creature, perché egli, più di nessun altro,
è un ostacolo al progresso umano, alla fratellanza degli uomini e
dei popoli", inoltre affermò che: "...Se
sorgesse una società del demonio, che combattesse dispotismo e
preti, mi arruolerei nelle sue file".
Era chiaro l'obiettivo della massoneria: colpire il potere della
chiesa e con esso scardinare le monarchie cattoliche per
asservirle ad uno stato laico per potere finalmente mettere le
mani sui nuovi mercati, sulle loro immense ricchezze umane, sulle
loro ricche industrie, sui loro demani pubblici, sui beni
ecclesiastici, sulle riserve auree del Regno delle Due Sicilie,
sulle banche.
Con la breccia di Porta Pia finì il potere temporale dei papi con
grande esultanza dei fra massoni. Roma divenne così capitale
d'Italia e della massoneria, come aveva stabilito Albert Pike,
designando come suo successore Adriano Lemmi, massimo esponente
del Rito Palladico.
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