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L’Abbazia di San Nicola di  Casole 

il volto greco delle prime Lettere italiane  nell’enigma del monastero dimenticato

 

 

 

      Indice:

 

LE ORIGINI DEL MONASTERO DI CASOLE

L'Abbazia rappresenta il punto d'incontro e di unione della cultura orientale con quella latina. Fino alla metà del 1500 fu il centro del monachesimo italo-greco in Puglia.
Il monastero è di formazione normanna. I Normanni l'avevano fondato più per ragioni politiche (legalitarie) che religiose. Boemondo, principe di Taranto e Antiochia (anche il Sud era greco, esisteva infatti la Grecìa salentina costituita principalmente da otto comuni: Calimera, Martano, Sternatia, Castrignano, Corigliano, Martignano, Zollino, Soleto), volendo graziarsi la simpatia dei monaci greci che vivevano nel Sud Italia, in particolare di quelli salentini, e della popolazione salentina che appoggiava la religiosità greca, sfruttò la situazione a suo favore. Egli permise di restaurare (o secondo alcuni fondare) il cenobio di San Nicola. Ai Normanni interessava immediatamente di precludere ogni possibilità di conquista bizantina; non volevano infatti che Bisanzio si intromettesse politicamente in Italia e perciò era necessario affermare la giurisdizione romana nei territori greci del Sud (i normanni avevano dalla loro parte Roma e collaboravano per la conquista del Sud). Quindi essi non volevano distruggere l'arte e la spiritualità bizantina radicata nel Sud; d'altra parte Roma non mirava tanto a sopprimere la chiesa greca, quanto a far ritornare sotto la propria giurisdizione quella chiesa greca che secoli prima si era staccata da lei (secoli VII-IX).
D'altra parte i monaci italo-greci (greci erano i riti e la lingua) avevano capito che ormai stava sorgendo una nuova realtà storico-politica e quindi si adeguavano alla volontà di Boemondo. Ma egli sapeva che questo avrebbe giovato solo alla sua causa.
Boemondo per la prima volta nell'XI secolo lo chiamò di Casole (precedentemente il suo nome era solo "S. Nicola"), perché questo, prima di essere restaurato, era costituito da tante capanne, nicchie, grotte, casole dove i monaci si recavano per pregare. In pratica Boemondo edificò il monastero. San Nicola di Casole presentava delle caratteristiche particolari che fanno risalire la restaurazione a Boemondo:
1. Boemondo lo fece ricostruire (sicuramente dopo il 1000) in muratura mentre le costruzioni italo-greche erano ricavate nella roccia;
2. i monasteri costruiti dai Normanni avevano tutti un CORPUS (codice) di regole canoniche che di solito erano quelle del grande Basilio (fu il più grande riformatore, divenuto poi Santo, della Chiesa Bizantina e l'espressione più alta di quella spiritualità; l'aggettivo basiliano oggi equivale anche a bizantino) .
Sulle origini di Casole si è intrattenuto il Cezzi, il quale riconosce non controllabili alcune notizie: che abbia a che fare con un Kasole africano, i cui monaci fuggendo davanti ai Saraceni sarebbero poi sbarcati in Terra d'Otranto a fondare un cenobio con lo stesso nome e che, nel decimo secolo, i monaci casolani (il Monastero quindi esisterebbe anteriormente alla data stabilita dal Typikon) abbiano dato ricetto ad alcuni confratelli di Corigliano (ad ovest di Otranto), cacciati da Ottone I (951-973) dal loro cenobio perché sospettati di favorire il ritorno dei Greci .

IL TYPIKON DI CASOLE: LA SUA STORIA

Il Codice era detto Typikon ed era un insieme di norme che regolava la vita monastica e materiale dei frati. Non possiamo dire quanto questo codice fosse di Boemondo e quanto del primo Abate Igumeno Giuseppe. Nel 1098-99 Boemondo diede per la prima volta il Typikon, che è contenuto in un manoscritto compreso nel Codice Torinese C111; questo codice prima si trovava nell'Università di Torino, poi è stato portato, ad opera del Consigliere della Corte d'Appello di Trani, L. De Simone, per motivi di studio alla Vaticana a Roma (1890), ma poi la Biblioteca di Torino l'ha rivendicato a sé. Di questo Codice abbiamo due copie: un codice quasi identico detto Barberiniano greco 350 e il codice Barberiniano greco 383, custoditi nella Biblioteca Vaticana a Roma.
Il codice Barberiniano 350 era posseduto inizialmente da un Arciprete di Soleto di nome Francesco Arcudi che poi lo regalò ad un Cardinale Barberini. In seguito dai Barberini fu donato alla Biblioteca Vaticana. Il Codice Barberiniano fu trascritto nel 1205 dal Typikon del 1098. Il Codice Barberiniano 383, che è la copia della copia, non è identico all'originale.
Al momento della stesura del Typikon c'erano altri codici, ma di origine greca (San Basilio, San Saba, San Teodoro). Esiste un gruppo di Typikà così detto ATONITO (gruppo autentico), risalente al decimo secolo. Ci sono poi dei gruppi che provengono da altri o sono loro rifacimenti. I Typikà Otrantini sono quelli che più si rifanno alle regole originali dei TYPICA' ATONITI.
Non potendo conoscere direttamente il codice custodito presso la Biblioteca Vaticana, perché non possediamo le competenze linguistiche per interpretare il testo stilato in greco, ci atteniamo a studi già fatti su tale argomento.

IL TYPIKON CASULANUM NEL MANOSCRITTO 201

Il manoscritto 201, conservato presso la Biblioteca Provinciale di Lecce contiene una copia del typicon di Casole in greco e la corrispondente traduzione latina, curata dall'Abate p. Giuseppe Cozza-Luzi intorno al 1900 (forse proprio del 1888).
Non è facile seguire le tappe del cammino fatte dal typikon originale, da Casole (sec. XI-XII) fino ad oggi, perché non abbiamo sufficienti prove o documenti della sua storia.
Il Typikon autentico di Casole si conserva ancora oggi presso la Biblioteca Regia di Torino con la segnatura C.111.17.
Esso è un documento della vita religiosa ed intellettuale del monastero otrantino. Il manoscritto 201 è una copia del codice torinese. Esso si presenta in buone condizioni di conservazione ed è rilegato in pelle color giallo; risulta composto da più blocchi di fogli scritti in momenti diversi.
Proviamo a descriverlo: nell'ultima pagina si trovano, incollati, tre foglietti con delle postille, in italiano corrente, certo del Cozza-Luzi, dove vengono date notizie circa l'interpretazione del contenuto del codice torinese.

 

Si legge: "Il Typikon, nella maggior parte, è la minuta descrizione delle sacre officiature, fatta giorno per giorno in due parti, di cui l'una scorre dal primo settembre (per i bizantini era il principio dell'indizione e dell'anno) fino al trentuno agosto, che è la fine. Sono indicate tutte le festività, memorie dei Santi, ordine dell'ufficiatura, funzioni sociali, processioni, usi nel monastero, nella chiesa, nella mensa. Nella seconda parte delle stesse prescrizioni, ma non per i giorni fissi, come la prima, per il tempo mobile (che va da dieci settimane avanti la Pasqua a otto settimane dopo la Pasqua)."
In fronte al foglio sei si legge: Typicon hoc est mei Zachariae magistri Ioannis. Emi istud anno 1508.
Al foglio 172 (pag. 344 del codice) si legge: "absolutus est liber iste ecclesiasticae prescriptionis manu Nicolai Casolanum die I mensis septembris anno 6682 (di Cristo 1174) indictione VII".
Si legge ancora che i primi cinque fogli del codice torinese furono scritti successivamente e contengono un frammento, forse tolto da altro codice, e vi si leggono alcune parti delle Costituzioni Studitane, che furono pubblicate dal cardinale Mai.
Questi primi cinque fogli, scritti in vari tempi ed in vari modi, qualcuno anche a rovescio, conservano delle preziose memorie del Monastero, di fatti avvenuti, di conti pagati, di libri prestati, ed anche versi per i primi abati.
Il manoscritto originale di Casole, allora, scampato al saccheggio dei Turchi del 1480, fu comprato nel 1508 (per O. Mazzotta si tratta di Zaccaria Mega). Scoperto alla fine del secolo scorso, è conservato nella Biblioteca Regia di Torino con la segnatura C.111.17.
Ma veniamo alla descrizione del MS 201 che risulta composto da:
- due fogli, in traduzione latina, contenenti l'elenco di alcuni titoli di libri di Casole, tra cui il Vangelo.
- cinque fogli (chiamati qui "carte") che copiano in greco i fogli 8, 21, 22, 25, 26, 29, 30, 31, 37, 38, 41, 43, 45, 46, 56, 57.
Le notizie riportate sono diverse: di cronaca, di amministrazione, di libri della biblioteca; alcune riguardano la data di morte degli igumeni fino al decimo, Basilio. Dei successivi viene ricordato l'anniversario della morte in margine al calendario. Questi cinque fogli attualmente mancano nel Codice Torinese perché distrutti da un incendio del 1900. Hanno per questo grandissima importanza.
- La terza parte della copia in greco del Typikon casulano del Codice Torinese, dal foglio 6 al foglio 172.
- Una quarta parte contiene la traduzione latina del trattato del typicon casulano sull'officiatura, divisa in caput I-II-III...fino a 29.
- Una quinta parte contiene un trattato che regola l'uso del cibo e della bevanda in 25 cap. e una lettera del patriarca di Costantinopoli Michele III di Anchialo al vescovo di Gallipoli Paolo sulla maniera di fare l'oblazione e altri riti liturgici.
Ogni parte di questo manoscritto è stata trascritta in tempi diversi, come dimostrano i diversi tipi di carta usata, l'inchiostro più o meno sbiadito, la grafia che, pur della stessa persona, cambia col tempo.
Ecco in traduzione latina l'inizio del TYPIKON, dal foglio sei:
 

TYPIKON
Deo auspice
sive ordo ecclesiasticae disposi
tionis et officiorum festivita
tum Domini ed Sanctissimae Dei
parae et insignium sanctorum ac
divinorum patrum S. Sabae et
Studitae praecipueque iuxta tra
ditionem Montis Sancti et quibus
dam in partibus iuxta traditionem
sanctissimi patris nostri Iosephi
monasterii S. Nicolai Casularum
demonstrans et distinguens
debita tradita ieiunia una
et gonyclipias quomodo et
quando haec fieri et quando non debunt.
In primis omnia summatim de
clarat in epitome: deinde ex
ordine et proprio ac opportuno
tempore praescribens.

VITA DEL MONASTERO CASOLANO NEL MS 201 DELLA BIBLIOTECA PROVINCIALE DI LECCE

Riteniamo inutile soffermarci ad illustrare nei dettagli tale manoscritto, là dove si parla delle regole della vita ascetica dei monaci, sia perché tale aspetto della ricerca esula dal nostro interesse strettamente culturale, sia e soprattutto perché se ne è già interessato O. Mazzotta .
Non possiamo però tacere sulla diffusione della cultura operata dal monastero. Il monachesimo orientale non aveva certo la missione di diffondere la cultura in generale e tanto meno quella profana. I monaci Basiliani comprendevano che la lettura e lo studio erano opere pie, come la preghiera, e vi si dedicavano con tutte le loro forze. Il monastero era quindi una scuola di perfezione spirituale, non di scienza, per cui la cultura non era intesa come un fine, ma solo come uno dei tanti mezzi di perfezione. Perciò, lo "scrittorio" monastico non era finalizzato al commercio ed alla diffusione del libro, né la biblioteca era intesa come un vero e proprio centro di cultura. Scrittorio e biblioteca servivano a soddisfare la domanda interna del monastero. Si trattava di un circuito interno chiuso attraverso il quale i monaci calligrafi, che non erano necessariamente dei letterati, fornivano la biblioteca che, a sua volta, distribuiva ai monaci i libri necessari, sia per la liturgia che per la lettura privata. Uno dei principali doveri dell'igumeno e dei suoi dipendenti era quello di conservare i libri nelle biblioteche, aumentarne il numero, copiando i manoscritti più rari.
I monaci quindi trascrivevano ed interpretavano testi dell'antica sapienza. Dallo Scriptorium di Casole dipendevano altri due minori, quello di Gallipoli, annesso probabilmente all’Abbazia di San Mauro, e quello di Nardò, che sorgeva accanto all’Abbazia della Madonna dell'Alto.
Qui si trascrivevano testi destinati all'istruzione primaria, non all'approfondimento culturale e dottrinario (cosa che avveniva invece ad Otranto). A Gallipoli e Nardò, intorno al 1000, si ricopiavano anche Omero, Esiodo, Aristofane e, quasi certamente, dei lessici ma non in quantità rilevante.
G. Gianfreda sostiene che la biblioteca del monastero di S. Nicola di Casole fu una delle più ricche dell'Occidente e il monastero un vero focolaio di studi classici nel sec. XII.

Ma il Monastero di Casole fu, soprattutto, quello che oggi chiameremmo un'Università. In questa "fortezza del sapere" si incontravano e si scontravano Greci, Ebrei, Latini, che affrontavano nelle loro appassionate discussioni vari problemi.
Nel C.111.17 si trova che, nel 1160, l’igumeneo Niceta costruì accanto al monastero la "casa dello studente", la prima del mondo occidentale. Chi voleva studiare il greco, e poi il latino, il trivio ed il quadrivio, aveva gratis vitto, alloggio, professori e una ricca biblioteca a disposizione. Venivano a studiare e ad insegnare dall'una e dall'altra Europa. Qui si trascrivevano codici greci, li si traduceva in latino e li si mandava in Occidente; inoltre si trascrivevano codici latini, li si traduceva in greco per inviarli in Oriente: tra questi il De Trinitate di Sant'Agostino e i Dialoghi di San Gregorio Magno.
Del patrimonio librario, durante il periodo bizantino, ci è rimasto ben poco, in tutto una decina di manoscritti. Le cause di questa scarsezza vanno ricercate, secondo il Jacob, nelle devastazioni che il territorio subì durante le continue guerre, nella riutilizzazione dei codici, operata nel sec. XIII, e infine nella non facile identificazione di manoscritti dell'epoca, poiché in quel periodo la scrittura otrantina non era ancora sufficientemente caratterizzata.
Tra i testi del periodo bizantino figura il Phisiologus, a cui si sarebbe ispirato Pantaleone per alcune figure del mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto. Dallo Scriptorium di Casole veniva, pure, l'opuscolo sulle Donazioni fatte dagli Imperatori al Pontefice.
La posizione geografica del monastero a breve distanza da Otranto, allora assai più di oggi, città importante per il commercio con l'Oriente e l'Occidente, favorisce l'accorrere degli studiosi dalle più remote province d'Italia e dall'estero; e la biblioteca di Casole è frequentatissima. I suoi libri non servono soltanto a questo monastero, ma i preti ed i monaci di altri cenobi li prendono in prestito, rilasciando una ricevuta alla presenza di due monaci del convento.
Costituisce comunque una rarità il fatto che la biblioteca fosse aperta al pubblico. Il codice torinese ci ha conservato un elenco di 68 prestiti, fatti in gran parte a sacerdoti, ma anche a laici, fra i quali due notai ed un giudice. Secondo il Colacicco i prestiti furono effettuati nell'arco del sec. XIV, non oltre il 1387. Per alcuni prestiti è anche indicato il luogo di provenienza dei richiedenti: Alessano, Brindisi, Casamassella, Castrì di Lecce, Castro, Lecce, Maglie, Marittima, Martano, Melendugno, Miggiano, Minervino di Lecce, Otranto, Poggiardo, Sanarica, Santa Maria di Torlazzo, Surano, Vaste e Vignacastrisi.
Oggi i codici casolani sono sparsi nelle migliori biblioteche medievali: Marciana di Venezia, Medicea di Firenze, Vaticana di Roma, Lombarda di Milano, Nazionale di Napoli e di Torino, Sorbona di Parigi, Nazionale di Madrid, e poi a Berlino, Londra, Kiev, ecc. ...
Casole fu, inoltre, benemerita per i servizi che i suoi Abati svolsero tra i Pontefici di Roma e gli Imperatori di Costantinopoli. Gli uni e gli altri si servivano degli igumeni idruntini per comporre questioni politico-religiose. In questo andare e venire, gli Abati approfittavano per raccogliere manoscritti e codici, e arricchire così la loro biblioteca.

tratto da:

http://cliomg.clio.it/sc/lsm/contributi/casole/casole_indice.html

Le moderne analisi di una oscura ed ai più sconosciuta produzione editoriale
sconvolgono la tradizionale storia delle origini della letteratura italiana.

di Antonio De Pascali

Presso l'abbazia di San Nicola di Casole, tra gli scogli più ad est d'Italia, a pochissimi chilometri a sud di Otranto, nascono alcuni tra i primi componimenti in poesia della letteratura nazionale.

Nel cuore del Medioevo, è noto, nel tredicesimo secolo, si avvertono in Italia i primi segni di quello che fu, pochi decenni dopo, l'Umanesimo delle Lettere: in Puglia ecco i versi composti da alcuni religiosi, tra le fredde pareti di un monastero eretto a pochi metri dal mare Adriatico, di fronte alle coste dei Balcani.
Con una particolarità non da poco: che nella Terra d'Otranto, nell'Età oscura, la lingua greca, quella parlata oltremare, nelle terre di Bisanzio, è la lingua con la quale si esprime la maggior parte della popolazione e con la quale si esprime pure la comunità italo-greca dei monaci basiliani che ha dato vita all'abbazia di Casole. E che pertanto in lingua greca è pure la loro produzione letteraria, quella produzione, appunto, che si può con giusto merito, asseriscono oggi gli studiosi, inserire nel contesto degli albori della letteratura italiana.

Monaci basiliani italo-greci, dunque, di rito greco, di cultura greca e di lingua greca, dettero vita nella Puglia meridionale, apprendiamo da pochissimi - purtroppo - reperti cartacei conservati nelle biblioteche di tutt'Europa, a componimenti poetici, in lingua greca, appunto, che per i contenuti ed il respiro sono invece identici ai primi segnali di quella letteratura volgare che divenne, solo pochi decenni più tardi, con Dante Alighieri, nel suo massimo splendore, la letteratura italiana.

La premessa

I primi caratteri della cultura nazionale vengono alla luce nei primi decenni del tredicesimo secolo. Una cultura che diventa confluenza, unità di pensiero e di espressione, di più culture e di più lingue di più popoli e che dà mostra di sé nella lingua, nelle lettere, nelle arti, nell'architettura. Unità culturale, però, figlia ancor giovanissima di tante culture di tante civiltà.

In Puglia, ad esempio, si sente ancora l'eco della civiltà orientale l'Impero di Costantinopoli abbandonò la regione, su spinta normanna, solo nel 1071 che ancora ambisce a tornare alla grande sul suolo della Penisola. Qui i dominatori sono Normanni e governano cittadini che parlano volgare, arabo, albanese, slavo, latino, ebreo. Che parlano soprattutto il greco ed assistono a funzioni religiose celebrate soprattutto con il rito greco da sacerdoti e da monaci, i Basiliani.

Di madre normanna e padre tedesco è l'imperatore Federico II che visse tra gli innumerevoli castelli di Puglia e la reggia di Palermo e si circondò di dotti arabi, greci ed ebrei, nel ricordo della classicità latina e nel fascino di un'unità culturale europea e mediterranea. Era il primo caso di regnante colto ed illuminato dopo un millennio di guerre, flagelli e condottieri sanguinari tra Europa e Mediterraneo. Non è dunque un caso se proprio a Palermo, all'ombra del Puer Apuliae, di Federico, sia nata la Scuola poetica siciliana, corrente di poeti;  è noto, che per la prima volta, come attestano le fonti, si dilettò a poetare in volgare, in un contesto culturale, è altrettanto noto, che presentava solo in Toscana l'altra nota felice della stessa corrente letteraria. 

Non è pure, dunque, un caso, se ad Otranto, sempre all'ombra dell'imperatore Federico, sia nata, tra le prime espressioni della cultura nazionale, la corrente dei monaci poeti di Casole. Qui, in Puglia, però, e i tempi lo raccontano, la cultura italiana si esprimeva ancora con la lingua greca.

Analizziamo la produzione. 

Attorno al cenobio di San Nicola di Casole fiorì dunque un gruppo di poeti in lingua greca abbastanza compatto, una specie di circolo poetico che si riconosceva nella guida di un abate, tale Nettario, proprio nello stesso giro di anni in cui si imponeva a Palermo la Scuola poetica siciliana in volgare. Si tratta di quattro poeti salentini che con i loro scritti, sintesi di produzione sacra e profana, vengono unanimemente indicati oggi come portatori dell'Umanesimo italo-bizantino  in Terra d'Otranto, una nuova corrente letteraria che si inserisce nel contesto culturale nazionale.

C'è da dire, sostengono i ricercatori, che modesto fu il potere creativo di questi poeti e la loro metrica è ridotta all'uso del solo verso dodecasillabo bizantino e che, non solo, i loro motivi ispiratori insistono su un numero ristretto di comparti letterari (mitologia, ricordi di amici, preghiere, meditazioni bibliche, citazioni culturali). Ma, è da enunciare a chiare lettere, enorme è la valenza della loro produzione nel contesto storico e culturale in cui operarono. Perché poetarono in greco, è vero, ma erano partecipi di un'attività, abbiamo appena visto, che pur nelle sue diversità linguistiche, il greco ed il volgare, rappresentava un'unità culturale sì appena nata ma che già spiccava il volo verso lidi successivamente notissimi.
L'analisi dei loro testi ha portato i critici alle seguenti conclusioni: erano sostenitori della potenza imperiale nella lotta contro il Papato (Federico II, del resto, li sosteneva e li incoraggiava nella loro attività) e pertanto non trascuravano gli interessi politici d'ogni evento. Curavano l'aspetto pratico e terreno dei problemi rivelando in questo sentimenti di coraggioso allontanamento dalla letteratura esclusivamente religiosa del Medioevo raccontando perciò l'Uomo e le sue avventure sulla Terra.

L'Umanesimo cioè. Una sorta, però, di Umanesimo greco-cristiano.

Dei quattro poeti che formano il sodalizio due sono religiosi e due laici. Tra loro non vi furono rapporti sistematici, veri e propri contatti regolari. Solo reciproco rispetto ed intesa amichevole. Anche perché li divide per alcuni una generazione. Conosciamoli:

Il fondatore di questa sorta di circolo poetico è l'abate NETTARIO, nato ad Otranto tra il 1155 ed il 1160.
Quindi GIOVANNI GRASSO, protonotario e maestro imperiale tra il 1219 ed il 1236. Sottoscrisse il testamento di Federico II il 10 dicembre 1250 e probabilmente fu lui a scrivere le lettere in greco di Federico II agli imperatori di Bisanzio.

Figlio di Giovanni Grasso è l'altro poeta, NICOLA d'OTRANTO.

Infine GIORGIO di GALLIPOLI. Giorgio è il rappresentante più importante della scuola poetica greca nel Salento bizantino.

Tutti, abbiamo detto, appartenenti all'entourage culturale di Casole.

L'ABBAZIA DI CASOLE  viene fondata nel 1098-1099 per volere del figlio di Roberto il Guiscardo, grande condottiero normanno, il crociato Boemondo I, principe di Taranto e di Antiochia.

Boemondo donò il casale di Casole ad un gruppo di Basiliani guidati da Giuseppe, primo abate del futuro monastero. Il principe normanno sovvenzionò con propri fondi la costruzione.

Otranto era normanna da 34 anni (dal 1064). La Puglia da appena 27 (dal 1071). La famosissima cattedrale della cittadina era appena stata consacrata.

I Normanni volevano così guadagnarsi il favore dei Greci e di tutto il Salento, Greci che avevano sconfitto militarmente cacciando l'esercito bizantino ed instaurando quel sistema di potere che avrebbe dato vita al Regno del Sud di Ruggiero II, cugino di Boemondo.

Dal 1163 al 1165 il basiliano Pantaleone, monaco di Casole, realizza il famosissimo mosaico pavimentale della cattedrale di Otranto, la più grande e più importante opera musiva medioevale nel Mezzogiorno.

L'abate più importante dell'abbazia è Nettario, lo stesso che fondò la scuola poetica, che di battesimo si chiamava Nicola, e che rivestì il ruolo dal 1219 al 1235. Questi fu protagonista di missioni diplomatiche importantissime: nel 1205 e nel 1214 per conto di Innocenzo III quale interprete ai cardinali che andavano a discutere a Costantinopoli sui rapporti tra Greci e Latini; nel 1223-1224, per conto di Federico II in Oriente, e nel 1232 a Roma, dal papa, per discutere sulla validità del battesimo delle genti battezzate con il rito greco. 

Nettario, gran conoscitore del greco e del latino, creò la biblioteca di Casole con le migliaia di volumi greci e latini che raccolse nei suoi viaggi in Oriente.

Casole, è scritto, era al primo posto nel Mezzogiorno in quanto ad obblighi fiscali. Dunque era un'abbazia ricchissima.

Nel 1480 la biblioteca di Casole viene distrutta con il tristemente famoso assalto dei Turchi alla cittadina. Di essa rimangono oggi poche pietre all'interno di una masseria che porta il suo nome. Fortunatamente almeno una piccolissima parte della sua biblioteca, che contava decine di migliaia di volumi, e della sua produzione editoriale si è salvata. Tal cardinale Bessarione, infatti, metropolita di Nicea, patriarca di Costantinopoli, instancabile viaggiatore, grande amante della letteratura classica, compiva visite continue nei monasteri greco-bizantini e ovunque raccoglieva, o per meglio dire, razziava, manoscritti della civiltà greco-romana. 

Il cardinale passò anche da Casole ed a Casole, prima della distruzione per mano degli Ottomani, pure razziò. Nel 1468 donò alla Biblioteca Marciana 533 volumi greci e 301 volumi latini prelevati dalla biblioteca di Casole. Quella produzione editoriale, proprio perché risultato di un furto, è per ironia del destino l'unica superstite della gloriosa biblioteca casolana. Sè poi dispersa tra le biblioteche del continente ed analizzata nella sua interezza ha portato oggi alle analisi esposte. Dopo la distruzione dell'abbazia finì l'epopea di Casole.

E stato affermato che l'abbazia idruntina, soprattutto nel suo momento magico, il tredicesimo secolo, ha svolto la funzione di officina di istruzione così a lungo da gettare le basi di un discorso nei termini di un vero e proprio Umanesimo greco in Terra d'Otranto, una scuola in cui le lettere greche erano al centro di ogni programma di studio e di insegnamento, in un clima di riconoscimento pieno dei valori universali ed eterni della civiltà greca classica.

Il monastero, dedicato a san Nicola, era un monastero basiliano, retto cioè dai religiosi seguaci della Regola di san Basilio il Grande (Cesarea di Cappadocia 329-379). I monaci offrivano vitto ed alloggio a chiunque volesse conoscere la lingua e la civiltà greca molto prima che venissero fondate le università da parte di principi ed imperatori nel nord-Europa. 

Era un'accademia di lettere greche e latine.

Casole è la prima vera scuola pubblica di Terra d'Otranto, teatro di una nuova formula di convivenza razionale tra discorso teologico e discorso filosofico. Casole, si sostiene, come le contemporanee, famosissime, abbazie di Cluny e York possiede i requisiti di una scuola, cioè d'una cultura omogenea da cui attinse insensibilmente ma non per questo meno proficuamente il pensiero occidentale. 
Qui i monaci si dedicavano alla preghiera ed allo studio, lavoravano ed impartivano lezioni di letteratura greca e latina, di filosofia e logica. Dal Typicon , un rituale, specie di manuale sui compiti del monastero, fortunatamente sopravvissuto, si apprende di pratica ascetica, di vita semplice ed austera, con continui sacrifici e rinunce. Secondo la tradizione del monachesimo bizantino. Qui domina del resto la regola di san Basilio, regola espressa da preghiera, digiuno, povertà, silenzio, solitudine, studio, lavoro, umiltà, esaltazione dell'ascesi contemplativa, frugalità del cibo (si notano così le affinità degli ideali ascetici del monachesimo orientale e quelle del monachesimo occidentale).

Casole possedeva una Biblioteca (che era estroversa, cioè aperta al pubblico), per la diffusione della cultura, ed uno Scriptorium, per la copiatura dei testi classici, strutture tra loro indipendenti. Si può parlare dunque di una Casa Editrice Casolana di manoscritti in greco copiati dai monaci.

Si trattava di: testi liturgici, biblici, patristici, di diritto, classici, sempre ovviamente in greco. Vi era altresì un Didaskaleion, dove si insegnava la cultura greca.

Scrive Gregorovius che Casole era tra le più antiche biblioteche d'Occidente, forse la più antica, precedente addirittura il Cenobio Vivariense di Cassiodoro se, dando credito ad una tradizione piuttosto ricorrente, sembra che l'abbazia sia nata molti secoli prima la venuta dei Normanni, addirittura nel V secolo. Una tradizione che, se corrispondente alla verità, sovvertirebbe la concezione della costruzione della cultura nella Penisola.

Antonio De Pascali

 


BIBLIOGRAFIA

  • C. DAQUINO: Bizantini in Terra d'OtrantoSan Nicola di Casole,  Capone Editore, Lecce, 2000
  •  
 

Salento in vendita ai tedeschi


FERMIAMO GLI "APPETITI PROFANI".

Salvare l¹Abbazia di Casole.

È l'appello che quiSalento lancia alle istituzioni locali (Regione Puglia, Provincia di Lecce e Comune di Otranto) dopo aver scoperto che il sito archeologico,

 

I resti della "prima università d'Europa", è finito in vetrina sul web, in vendita come una qualsiasi masseria del Salento al prezzo di un milione di euro (trattabili), in un sito tedesco. Il caso, denunciato in un articolato dossier, è l'occasione per accorgersi che Casole, con il suo carico di storia e di leggenda, è lì in uno stato di semi-abbandono. Salvare Casole dall'indifferenza prima ancora che da una possibile vendita ad un miliardario qualsiasi, è una scommessa e una prova per il nuovo Salento. Come si può immaginare lo sviluppo di un turismo di qualità se si dimenticano o, peggio, se si privatizzano i luoghi più suggestivi del Salento? Ecco perché quiSalento fa di questa battaglia una priorità, chiamando i suoi lettori a sottoscrivere la lettera aperta sul sito www.quisalento.it.

Casole appartiene a tutti i salentini. "Su questo palcoscenico di bellezza", scrisse Maria Corti, "un fatale scontro di idee sacre e di appetiti profani". Oggi è il momento di far sì che non prevalgano gli "appetiti profani".
 

Lecce, 1° marzo 2005

 

 

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Ultimo aggiornamento:

 29 ottobre 2006