| Si
iniziò a capire, così, che la pietra si poteva modellare, quale
fosse creta, per renderla duttile ed utile. Un ulteriore prova ne
sono i palmenti. Infatti, i monaci bizantini, insediatisi in
queste terre a seguito delle persecuzioni iconoclaste, insegnarono
alla gente del luogo come scavare la roccia per utilizzarla nella
creazione di primordiali industrie di trasformazione dei prodotti
agricoli. | |
Cos'è un palmento? |
Sono
delle piccole costruzioni in tufi, spesso con volta a botte
di dimensioni variabili, ma sempre modeste. Sono formati da un vano
solo che comprendeva tre reparti di lavorazione, tutti in
un unico spazio. In fondo al locale, sulla parete, si apre una
finestra ampia, dalla quale veniva scaricata all'interno, dalle ceste
o dalle tine, l'uva vendemmiata. L'uva cadendo in una vasca, con i
lati alti circa sessanta centimetri, ricavata sul pavimento,
veniva qui pigiata con i piedi, poco alla volta, così come veniva
scaricata, per cui questo reparto rappresentava, oltre allo «scaricatoio»,
anche il pigiatoio: «veni mudataque musto / tinge novo mecum
direptis crura» (1).
Questa
vasca di pigiatura era affiancata da altra vasca interrata nel
pavimento e, quindi, sottoposta alla prima, di circa un metro. Fra
le due vi era una portella, che le metteva in comunicazione, e
dalla quale passava il succo d'uva, che man mano veniva pigiata,
raccogliendosi nella seconda vasca (lu palacciu) e dove, in
fine, dalla portella veniva spinta anche tutta l'uva già pigiata,
perché unita al succo della stessa, formando un'unica massa,
fermentasse. Questo secondo reparto si diceva di fermentazione.
In
adiacenza immediata alla vasca di fermentazione vi è un pozzetto,
che è più profondo di questa e comunicante con la stessa
mediante un foro circolare con un diametro di circa 15 centimetri.
Questa
comunicazione, prima della pigiatura e della fermentazione, veniva
chiusa mediante un grosso turacciolo di legno, avvolto in pezza di
sacco e attraversato da una fune, che con un grosso nodo lo teneva
fermo a se stessa
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(1) - virgilio, le Georgiche libr. II V. 7-8: «vieni con me, tingi
l'ignude gambe col novello mosto».
testo
tratto da Luigi Ponzi: "Monumenti della civiltà contadina
del Capo di Leuca",1981, Congedo ed. | | | L'ultimo
palmento rinvenuto |
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Dal
quotidiano di Lecce di sabato 5 aprile 2003
Il
ritrovamento nel rione Casaranello;
risale
all'anno Mille
Tra
le erbacce un antico palmento
Risale
quasi sicuramente all'anno Mille il palmento recentemente scoperto
tra le vie Tevere e Senna nel rione Casaranello e che ha attirato
l'attenzione di studiosi e la curiosità di molti cittadini.
«La
scoperta di quest'arca in pietra utilizzata nei secoli per il
deposito e la pestatura dell'uva altro non è che un'ulteriore
conferma del fatto che l'antico abitato di Casaranello aveva
un'ampia estensione, nella quale la chiesetta di Santa Maria della
Croce rappresentava una propaggine», afferma l'architetto Giuseppe
De Nuzzo, autore del ritrovamento.
Il
palmento, nascosto tra le erbacce a pochi metri dalla strada, si
presenta come un'arca
scavata nella roccia e collegata tramite un foro ad una fossa,
profonda circa un metro e mezzo, dove veniva a raccogliersi il
liquido prodotto dalla pestatura dell'uva.
Il
ritrovamento è avvenuto in un'area aperta ma di proprietà privata,
ultimo residuo di campagna in una zona di recente edificazione. «Lo
stesso sindaco Remigio Venuti, recatosi sul luogo, della scoperta,
ha espresso la volontà di intervenire per recuperare il bene
archeologico», continua l'architetto De Nuzzo, anche se, al
momento, la principale difficoltà di un eventuale intervento è
data dal fatto che il palmento ricade in una proprietà privata.
Tra
l'altro, proprio in questi giorni una gru meccanica è stata
collocata nei pressi dell'area facendo presagire un prossimo
intervento da parte degli stessi proprietari.
L'importanza
della scoperta è confermata dal fatto che pochissime altre
strutture del genere sono presentì all'interno della città mentre
più facile risulta la loro presenza in aperta campagna.
Mauro Stefano
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foto
del Palmento Bizantino da Pietramarina (Sicilia)
tratta
dal sito: www.artepreistorica.it
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|
Dal
quotidiano di Lecce di sabato 12 aprile 2003
«Ecco come abbiamo scoperto nel '96 quell'antico palmento»
«L'antico
palmento del rione Casaranello? Lo abbiamo scoperto noi!» Per far
rispettare la primogenitura nel ritrovamento del secolare palmento
sito tra le vie Tevere e Senna, a poche decine di metri dalla
chiesetta di Santa Maria della Croce, intervengono oggi tre
intraprendenti ragazzi che nel 1996. appena adolescenti quindi,
incuriositi da "un piccolo angolo incavato nella roccia",
come loro stessi raccontano, iniziarono a scavare nel terreno per
far ritornare alla luce "queste due strane vasche ricavate
nella roccia e collegate fra di loro da un foro".
«Dopo varie ricerche,
venimmo a sapere che si trattava di un palmento usato anticamente»,
affermano Antonio D'Aquino, I8enne studente del liceo artistico di
Lecce, Sergio D'Aquino, 19 anni, operaio, e Salvatore Casciaro, 19
anni, studente dell'Istituto professionale.
La conferma del fatto che
la storia raccontata risalga effettivamente a sette anni fa è data
da alcune foto che mostrano come "lo spazio posteriore al
ritrovamento in quell'anno era vuoto, mentre ora sono costruite tra
grandi abitazioni".
Il palmento, così come
oggi appare, venne fuori dopo ben due settimane di fatica. «Interveniamo
- continuano i ragazzi - anche per sollecitare la buona
conservazione dì un ritrovamento così importante per la storia
della nostra cittadina, considerando come il palmento non versi per
niente in buone condizioni perché riempito da rifiuti e gravemente
scheggiato da numerosi mezzi di costruzione costantemente in opera
per l'erigersi di nuovi edifici».
Il ritrovamento fu
arricchito, inoltre, anche da una piccola medaglietta in rame su
cui sono incisi caratteri greci e la raffigurazione di una
madonnina.
L'antico palmento, risalente quasi sicuramente all'anno Mille, era
stato recentemente riproposto all'attenzione generale
dell'architetto Giuseppe De Nuzzo (come riportato da Quotidiano lo
scorso 5 aprile).
MAURO
STEFANO
|
Ad Antonio e Sergio D'Aquino
e a Salvatore Casciaro
|
Non
volevo assumermi certamente, meriti che non sono miei, d'altra
parte, sapevo che se quelle "buche" erano lì, pulite
dalle macerie, qualcuno sicuramente ci aveva messo la propria opera
e mani.
Ed
è un reperto che non avevo individuato in questi giorni, ma da almeno
un due o tre anni.
Se
sono intervenuto, l'ho fatto principalmente a fini di tutela, in
quanto, la presenza minacciosa di una gru, non fa certamente
sperare un futuro florido per il palmento. In secondo luogo, se uno
trova qualcosa e lo tiene per se, a cosa serve averlo trovato?
Non
è assolutamente un rimprovero che faccio ai ragazzi, anzi, un
incitamento a continuare, magari, modificando i sistemi di
intervento e rendendo pubblici i loro rinvenimenti.
Di
ragazzi del genere, ne avremmo veramente bisogno, e sono convinto
che ve ne sono altri, che hanno rinvenuto qualcosa e lo tengono per
se.
Quindi, visto che vi siete fatti vivi, la paternità sul
rinvenimento spetta a voi, e lo dico con una punta d'orgoglio nel
sapere della vostra passione. Orgoglio che tenderà ad aumentare
quando saprò che i tre ragazzi, sono diventati dieci e poi venti e
poi tanti altri!
In
effetti, questi ragazzi, non hanno tutti i torti. Ragioniamo un
attimo. Un ragazzo "X" trova qualcosa. A chi lo va a dire?
e con quale sicurezza che la persona a cui riferisce la sua scoperta
sia una persona "fidata"?
A
questo punto nasce la necessità di un luogo, un centro, dove poter
raccogliere dette pulsioni rinvenenti dal territorio, e, qui, mi
devo rivolgere all'amministrazione locale per la creazione di una
tale struttura.
I
ragazzi, un po' stimolati dall'ipotetica "fregatura" che,
pensavano giustamente, si stava profilando nei loro confronti, hanno
avuto lo stimolo di venir fuori, ma ve ne sono tanti altri (che
conosco), che hanno trovato qualcosa e se ne stanno zitti, decidendo,
magari, di donare il loro rinvenimento ad una qualche struttura
museale o similare, quando questa verrà istituita. Quindi,
cari ragazzi, continuate a cercare segni del nostro passato e delle
nostre radici, e se ritenete opportuno, sarò a vostra disposizione
per ogni chiarimento ed aiuto. Pino
De Nuzzo |
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