"La migliore fotografia
della città settecentesca pugliese, denominata
«Firenze del barocco», l'ha offerta C. Brandi: «Si tratta sempre di echi
affievoliti che le tradizioni
locali ammortizzano, per cui soprattutto i
residui tenaci della dominazione spagnola fungevano da freno, anche
inquinante... In realtà non si può parlare di
barocco neanche per Lecce», ma d'altra parte neppure di plateresco, di spagnolismo diretto. «Il fascino
della città e di una cultura quasi autoctona è proprio
in questa fioritura eteroclita, in questo ripresentarsi del vecchio in forme
nuove, ma sempre arcaizzanti.» A differenza di Noto, che riflette in Sicilia
una mentalità cosmopolita, Lecce è dolcemente provinciale, usa «una lingua
dotta diventata vernacolo», gergo popolare: elude il tema barocco
dell'interscambio tra interno ed estemo mascherandosi dietro una scenografia
di superfici fantasiose, ricamate, quasi quinte teatrali."
Bruno Zevi |