Antichi legami
tra il Salento e l’Arcipelago Maltese nell’età del bronzo.
Confrontando le espressioni del megalitismo salentino in
particolare dolmen e menhir, ascrivibili all’età del bronzo, con
analoghi monumenti presenti nel resto del mondo, molto
interessante si rivela la forte somiglianza tipologica con i
dolmen e i menhir dell’Arcipelago Maltese. Una somiglianza che
coinvolge anche alcuni di quegli aspetti, che nel megalitismo
salentino si possono considerare più peculiari e che sono frutto
della evoluzione subita localmente dalla ‘cultura delle grandi
pietre’. Si tratta di aspetti autoctoni del Salento, poiché
sin ora non riscontrati nelle altre realtà megalitiche, note e
studiate.
Nell’Arcipelago Maltese, le cui due isole principali sono Malta e
Gozo, si contano oggi alcune decine di dolmen. Questi sono molto
simili ai salentini per dimensioni, aspetto e soluzioni
costruttive; non solo, i lastroni di copertura presentano a volte
una scanalatura sul bordo, o fori passanti, particolari che si
ritrovano nei dolmen salentini i cui lastroni mostrano talvolta
scanalature, che vi corrono intorno a mo’ di canalette (ad esempio
nel dolmen Stabile-Quattro Macine e nello Sferracavalli), fori
passanti (ad esempio nel dolmen Scusi e nel Peschio), ma anche
coppelle (come nel dolmen Noa), vere e proprie bacinelle (come sul
lastrone del dolmen Specchia) e fenditure tagliate sul margine (ad
esempio nel dolmen Specchia stesso).
Nell’ arcipelago si son ritrovati anche alcuni menhir, del tipo a
pilastro squadrato in forma parallelepipeda simile alla tipologia
di menhir più diffusa nel Salento.
Confronto
tra menhir salentini e menhir maltesi:
Menhir Il-Hagra tad-Dawwara, sull’ isola di Gozo,
nell’arcipelago di Malta. É un blocco parallelepipedo di calcare,
alto 4,50 m, e con sezione di 61cm per 64 cm. Un menhir in tutto
simile ai menhir del Salento.
Il Menhir Il-Hagra tad-Dawwara, è stato trovato nel
1935 sotto 2,7 m di terra e sopra un pavimento in ciottolo di
circa 300 metri quadri, che fa ipotizzare un’ area sacra al cui
centro si innalzava il monolite.
Su una delle sue facce si possono notare nella foto
alcuni fori ciechi.
Il particolare dei fori si ritrova anche su altri
menhir dell’arcipelago. Ad esempio, un foro cieco a sezione
circolare si osserva su una delle facce maggiori del menhir
Is-Salib sull’ isola Malta, un monolite squadrato a sezione
grossomodo rettangolare, e rastremato rozzamente nella parte
superiore.
Si tratta di un particolare che stiamo ritroviamo
anche su numerosi menhir salentini, dove talvolta si osservano
sulle facce, fori ciechi di sezione grossomodo quadrata o
circolare e persino veri e propri fori passanti. Son solito
chiamare questi fori ciechi o passanti, ’l’occhio del menhir’
, ma è questo un interessantissimo particolare del megalitismo
salentino cui dedicherò un intervento ulteriore!
Menhir Grassi a Carpignano Salentino. É un blocco
parallelepipedo di calcare compatto alto 4 m, e con sezione 50 cm
per 21 cm. Si noti la perfetta somiglianza di questo tipico menhir
salentino con il menhir maltese mostrato.
Confronto tra dolmen salentini e dolmen maltesi:
Dolmen, nelle campagne di Corigliano d’Otranto, che
ebbi personalmente il piacere di scoprire durante le campagne di
ricerca del 1993. Si tratta di un grande dolmen composito formato
da quattro celle adiacenti, sormontate da altrettanti lastroni.
L’interessantissimo sito
in cui sorge questa struttura, una necropoli dell’
età del bronzo, ricca un tempo di dolmen e piccoli tumuli
sepolcrali, è stato recentemente danneggiato, e il dolmen stesso,
rischia di essere oggi criminosamente abbattuto, se le autorità
comunali non interverranno al più presto!
Dolmen Ta_Qadi sull’ isola di Malta. Si noti la
strettissima somiglianza tipologica tra questa struttura dolmenica
maltese e quella del dolmen salentino di Corigliano, tanto forte
da rendere superflui i commenti.
Osserviamo
addirittura il medesimo uso di piccole zeppe di pietra tra i conci
soprapposti a formare i pilastri di sostegno, posizionate
opportunamente al fine di conferire ai massi poco rifiniti, la
corretta inclinazione o per colmare gli interstizi.
Il Dolmen nella foto è una struttura ubicata tra le
rovine del tempio di Ta-Qadi. Si tratta probabilmente di uno dei
tanti templi di pietra della civiltà neolitica e calcolitica dell’
arcipelago maltese. Il dolmen fu lì costruito dai nuovi
conquistatori dell’ età del bronzo per sfruttare la disponibilità
in loco di materiale lapideo ottenibile dal tempio e forse anche
perchè quei luoghi sacri, benché abbandonati, conservarono la loro
aurea di sacralità anche nei secoli successivi.
Interpretazione dei dati archeologici.
Nel Salento, forse, la soluzione di uno dei più grandi misteri
della storia del Mediterraneo arcaico: l’estinzione della ‘civiltà
dei templi’ di Malta!
I megaliti maltesi risalenti all’età del bronzo, presentano
analogie troppo forti di forme e quindi di pensiero, con i coevi
megaliti salentini, perchè si possa escludere, che nell’età del
bronzo e forse ancor prima, si svilupparono tra quelle isole nel
cuore del Mediterraneo e l’ antico Salento, intensi rapporti,
pacifici o violenti che furono.
Rapporti che potrebbe contenere la chiave di risoluzione di uno
dei più grandi misteri della storia del Mediterraneo arcaico.
Prima
della costruzione dei dolmen e menhir maltesi (come già ricordato
coevi ai Salentini e risalenti all’età del Bronzo), prosperava
nell’ arcipelago una fiorente ed evoluta civiltà, che aveva
costruito numerosi, imponenti ed elaborati templi di pietra con
annesse strutture ipogee, dedicati al culto della Dea Madre.
Misteriosamente e senza grosse avvisaglie di declino, nel 2200 a.
C., dopo circa 1500 anni di tranquilla prosperità, la civiltà dei
templi entrò in crisi e i luoghi sacri vennero repentinamente
abbandonati. Nello studio archeologico dei sedimenti sembra quasi
come se la popolazione fosse scomparsa dall’isola all’improvviso!
Quali tragici eventi provocarono l’ estinzione di quella cultura?
Forse una bellicosa popolazione impugnante armi di rame e bronzo,
sbarcò su quelle isole, e sterminò, disperse o sottomise quelle
genti, non avvezze alla guerra, e che erano vissute pacificamente
nell’arcipelago, isolate e protette dal mare.
Tracce di incendi nei templi raccontano forse quella tragica
invasione!
I
maltesi non conoscevano ancora il bronzo, che permetteva la
realizzazione di resistenti e micidiali armi atte alla offesa.
Altri popoli invece, nelle aree continentali, si stavano sempre
più specializzando nell’uso sanguinario della nuova tecnologia
metallurgica, e dunque nell’ arte della guerra attraverso cui
impossessarsi facilmente di terre, bestiame e ricchezze di altre
comunità!
Poco dopo il 2200 a.C. compaiono a Malta i primi megaliti di
influsso salentino, segno inequivocabile dello stanziamento
nell’arcipelago di genti provenienti dalla Penisola Salentina.
Nuovi conquistatori di una terra quasi ormai deserta, gli arcaici
salentini, vi introdussero la loro cultura e costruirono dolmen e
innalzarono menhir come facevano in Puglia le popolazioni da cui
provenirono.
Ma si trattò davvero di un invasione cruenta? Furono gli stessi
salentini gli autori di quell’efferato attacco alla civiltà
neolitica maltese o questi si insediarono in isole già deserte, a
seguito delle violente scorrerie di altri predoni del
Mediterraneo, oppure la popolazione era stata decimata da una
virulenta epidemia o da un violento cataclisma, come alcuni dati
geologici sembrano suggerire?
Domande cui solo l’ archeologia e forse lo studio più profondo
della mitologia e della linguistica, potrà rispondere!
CONCLUSIONI
Dietro la semplicità dei megaliti salentini si
celano genti evolute e ben organizzate, protagoniste nell’ età del
bronzo dei traffici commerciali nel cuore del Mediterraneo!
Indipendentemente dalle domande ancora senza risposta, resta una
certezza: i costruttori dei megaliti salentini non erano solo
pastori e agricoltori, ma avevano una padronanza non indifferente
nell’arte della navigazione, erano dediti ai commerci e armati con
spade di bronzo e alabarde di rame, non disdegnavano certo la
guerra di rapina e di conquista!
I numerosissimi insediamenti che punteggiavano nell’età del bronzo
la costa della Puglia e in particolare del suo lembo meridionale,
attestano una forte propensione verso il mare e i traffici
marittimi, di quei popoli.
Le mire espansionistiche dei salentini verso l’arcipelago maltese
non sono una scelta casuale, ma frutto di un calcolo preciso. Non
è certo la prospettiva di impadronirsi di pascoli e terre fertili,
o di importanti giacimenti minerari, che può spiegare
l’occupazione di quelle piccole isole, peraltro sensibilmente
lontane dalla costa. L’esiguità del suolo coltivabile e il clima,
almeno oggi, molto secco, sono infatti fattori poco favorevoli
all’ agricoltura, come all’ allevamento, e il suolo dell’
arcipelago è inoltre privo di risorse minerarie economicamente
interessanti!
Occupare l’arcipelago maltese al centro del Mediterraneo, voleva
dire prendere possesso di un punto strategico, fondamentale per
controllare i traffici tra Mediterraneo Occidentale e Orientale.
Dal Salento passava l’importante ‘via dell’ambra’, una rotta
commerciale che risaliva l’Adriatico e che portava nei paesi
mediterranei, la sacra ambra dai vitrei, caldi riflessi solari e
dalle ‘magiche’ proprietà elettriche, proveniente dai Paesi
Baltici e il raro stagno estratto sui monti metalliferi della
Boemia, indispensabile perchè legato al rame, metallo di più
facile reperimento, permetteva la produzione del bronzo, lega
appunto di rame e stagno.
Sin da epoche più antiche lungo l’Adriatico si svolgeva il
traffico della selce estratta sul Gargano.
Figura 6: si noti la centralità delle due aree, Salento e Malta,
nel Bacino del Mediterraneo. Centralità da cui si comprende l’
interesse economico di natura commerciale che derivava dal dominio
di entrambi i territori; quello stesso interesse che mosse i
salentini dell’ età del Bronzo, ad insediarsi nelle isole maltesi,
e forse a decimare la popolazione isolana eneolitica.
L’interesse dei popoli salentini verso le rotte occidentali era
molto antico e derivava dalla necessità di rifornirsi della
ossidiana estratta nelle isole Eolie.
Sviluppatasi in questo contesto, la ‘civiltà dei megaliti
salentina’, ebbe modo di entrare in contatto con numerose culture,
e prosperare anche attraverso l’attività del commercio.
La volontà di estendere il dominio proprio al cuore del
Mediterraneo, e le capacità belliche e comunque strategiche e
logistiche che l’insediamento a Malta rivela, ci presentano un
popolo salentino meno arretrato e disorganizzato di quanto si era
fin ora soliti credere; un popolo che certamente esercitava già
un controllo diretto sui traffici della ’via dell'ambra’, che
passavano necessariamente attraverso il Canale d’Otranto.
Malta poteva diventare una importante base per estendere i
commerci e la ricerca di rame e delle stagno verso il Mediterraneo
Occidentale, in un epoca, quella del bronzo, in cui la domanda di
questi metalli stava crescendo esponenzialmente.
Le tribù iberiche commerciavano lo stagno, estratto nelle isole
Cassiteridi nel Mar del Nord, cosicché i salentini impossessandosi
di Malta e conservando il controllo del Canale d’ Otranto,
potevano controllare le due principali vie di approvvigionamento
di stagno per il Mediterraneo Orientale e l’Egeo: la ‘via
dell’ambra’ e le rotte verso la Penisola Iberica.
Oreste Caroppo. |