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Discussione ed analisi sul megalitismo

a cura di: Paolo Malagrinò (*)

 

 

 

E' con grande piacere ed onore che apriamo una nuova pagina di sezione.

La partecipazione in questo sito di Paolo Malagrinò ci riempie di orgoglio,di gratificazione e di soddisfazione per il lavoro svolto sinora.

E' inutile stare a fare una presentazione di Paolo, basti pensare che noi lo consideriamo uno degli ultimi caposaldi della ricerca sul megalitismo pugliese e salentino in particolare per far capire quanto grande sia la gioia della sua partecipazione. Non vogliamo andare oltre, auguriamo a Paolo un buon lavoro, convinti che la sua esperienza farà certamente luce sul settore oltre che aprire, incoraggiandole, a nuove leve e nuovi entusiasmi. Pino

 

P.S.: Per partecipare alla discussione basta inviare una mail a p.denuzzoNOSPAM@gmail.com (togliendo nell'indirizzo le lettere maiuscole NOSPAM)

 

 

Sui nuovi ritrovamenti di monumenti megalitici

 

Il sito presenta una congrua serie di nuovi riconoscimenti di monumenti megalitici. Sono davvero tanti e meriterebbero una maggiore attenzione.

Sarebbe necessario trovare la maniera per fare il punto sulla situazione anche per evitare che tali segnalazioni restino isolate: vi è la necessità di un incontro, un convegno in modo da dare una certa organicità all’insieme delle nuove segnalazioni. Mi rendo conto che è qualcosa difficile da organizzare ma è necessario per tanti motivi tra cui anche quello di delineare un po’ dei criteri per il riconoscimento di pietre insolite come megaliti, posto che questo sia possibile.

Uno dei motivi per cui i monumenti megalitici sembrano affascinare è, probabilmente, anche la possibilità di interpretarli in vario modo. La mancanza di una documentazione archeologica probante e vincolante, specie per menhir, allineamenti e cromlech, consente la libera formulazione di interpretazioni molto personali le più ampie: da quelle esoteriche a quelle extraterrestri, da quelle storico-archeologiche a quelle astronomiche. Tutte le ipotesi, sostenuto da una ragionevole motivazione, hanno un loro diritto di esistenza e di libera accettazione o condivisione e di rifiuto totale o parziale. Ma è solo un criterio personale a far decidere in un senso o in un altro.

I monumenti megalitici pongono dei problemi sin dalla loro prima individuazione in quanto la loro attribuzione ad una età preistorica in senso lato, e quindi la conseguente acquisizione di una importanza e di una dignità storico-culturale, si basa solo sulla dichiarazione in tal senso di studiosi dell’Otto-Novecento, più o meno archeologi o storici locali o anche semplici dilettanti onestamente appassionati.

Mentre in alcuni casi i dolmen, essendo in linea di massima delle tombe, hanno restituito parziali testimonianze, oltre che scheletriche anche oggettuali sotto forma di manufatti in ceramica o in metallo, le pietre erette, sia individualmente che in raggruppamenti vari, non hanno avuto il supporto della documentazione archeologica.

L’archeologia è in grado di essere scienza quando gli oggetti rinvenuti sono in posizione stratigrafica.

In questi casi l’archeologia, in particolare quella preistorica, è effettivamente in grado di definire uno specifico contesto temporale e culturale attraverso l’individuazione di varie componenti che vanno da quelle culturali (scheletri, oggetti) a quelli ambientali (condizioni climatiche, fauna, flora) e tante altre ancora.

Quando l’archeologia individua oggetti al di fuori di un contesto o in mancanza di altri elementi allora diventa difficile andare oltre il semplice oggetto. Possiamo fare un esempio ben noto: i Bronzi di Riace, due splendide statue, improvvisamente restituite dal mare, su cui gli archeologi e gli storici dell’età classica si sono avventurati in una lunga serie di teorie interpretative senza poter arrivare ad un risultato sostenibile. Rimangono due splendide statue di cui possiamo definire, sulla base della comparazione stilistica e di lavorazione, l’età ma non sappiamo il luogo di fabbricazione, chi sono i personaggi raffigurati, perché vennero create, dove vennero collocate, dove andavano e così via tutta una serie di domande rimaste senza risposte.

Ma questo è solo un esempio.

Nel caso dei monumenti megalitici, in generale ci troviamo di fronte a questa situazione: una loro

individuazione come monumenti preistorici è in prevalenza una definizione soltanto personale.

Nel Salento vi sono pietre sparse che per una serie di motivi possono essere interpretate come monumenti megalitici. Per lo più ci si rifà alla tradizione, alla tipologia, alla credibilità di uno studioso. L’uso dei megaliti nel Salento è andato oltre la preistoria in quanto in età storica, intorno al Sei-Settecento, si sono erette croci-menhir e colonne de lu Sanna. In entrambi i casi vi è stata una possibile riutilizzazione di pietre precedentemente usate come menhir ma anche la erezione di nuove pietre ispirandosi a tipologie preesistenti, riconducibili ai megaliti. Ma in generale è un discorso basato su ipotesi, su supposizioni, su comparazioni tipologiche, con una loro validità ma certamente non dimostrabili come vere né come sbagliate per cui rimane il problema o mistero.

Certo che comunque le si voglia interpretare o a qualunque periodo appartengano, storico o preistorico, sono pietre-monumenti che si devono conoscere, studiare e salvaguardare. A volte, nel tentativo di sensibilizzare e promuovere una cultura di protezione, ci si può sbilanciare in una qualche generosa attribuzione di antichità: uno sbaglio consapevole a fin di bene.

A titolo di esempio accludo delle immagini di pietre di insolita fattura nel territorio di Giuggianello genericamente riconducibili alla tradizione megalitica.

Lastrone in muretto a secco in territorio di Giuggianello. Questa pietra di insolite dimensioni fa pensare ad un caso di riutilizzo di pietra proveniente da una struttura precedente; è un esempio di come, in un ambiente come quello salentino, è quasi d’obbligo pensare ad una pietra di derivazione megalitica ma senza avere alcun supporto capace di sostenere una libera interpretazione difficile da smentire ma anche da provare.
   
Altro esempio di pietra insolita, sempre in territorio di Giuggianello, che in maniera anomala ed apparentemente non funzionale sporge dalla parete di una costruzione rurale. Si pone il problema: presenza occasionale o riutilizzo di pietra preesistente ?
   
Moncone di pietra in muretto a secco. Forma insolita non  di grandi dimensioni
   
Pietra arbitrariamente classificata da me come menhir, in prossimità del Masso della vecchia, più per suggestione del luogo che per reale convincimento. La forma insolita della parte superiore si può interpretare anche con delle concause naturali. In tutti i modi il problema che pongo è con quali criteri si può considerare questa pietra un menhir o una semplice pietra occasionale. Il problema non è di facile soluzione e merita sicuramente qualche riflessione.
 

Paolo Malagrino’


Qualche tempo fa, un ragazzo, del quale, purtroppo, non ricordo più il nome mi mandò la foto di questa pietra che è posta nei pressi della Centopietre di Patù. Ho voluto inserirla in qui, perchè ritengo necessario darle la giusta notorietà in questo contesto di analisi.

Pino De Nuzzo


 

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Interventi rilevanti:
 

Antichi legami tra il Salento e l’Arcipelago Maltese nell’età del bronzo.

  • Nel Salento la soluzione di uno dei più grandi misteri della storia del Mediterraneo arcaico: l’estinzione della ‘civiltà dei templi’ di Malta!

  • Dietro la semplicità dei megaliti salentini si celano genti evolute e ben organizzate, protagoniste nell’età del bronzo dei traffici commerciali nel cuore del Mediterraneo!

 

Antichi legami tra il Salento e l’Arcipelago Maltese nell’età del bronzo.

Confrontando le espressioni del megalitismo salentino in particolare dolmen e menhir, ascrivibili all’età del bronzo, con analoghi monumenti presenti nel resto del mondo, molto interessante si rivela la forte somiglianza tipologica con i dolmen e i menhir dell’Arcipelago Maltese. Una somiglianza che coinvolge anche alcuni di quegli aspetti, che nel megalitismo salentino si possono considerare più peculiari e che sono frutto della evoluzione subita localmente dalla ‘cultura delle grandi pietre’. Si tratta di aspetti autoctoni del Salento, poiché sin ora non riscontrati nelle altre realtà megalitiche, note e studiate.

Nell’Arcipelago Maltese, le cui due isole principali sono Malta e Gozo, si contano oggi alcune decine di dolmen. Questi sono molto simili ai salentini per dimensioni, aspetto e soluzioni costruttive; non solo, i lastroni di copertura presentano a volte una scanalatura sul bordo, o fori passanti, particolari che si ritrovano nei dolmen salentini i cui lastroni mostrano talvolta scanalature, che vi corrono intorno a mo’ di canalette (ad esempio nel dolmen Stabile-Quattro Macine e nello Sferracavalli), fori passanti (ad esempio nel dolmen Scusi e nel Peschio), ma anche coppelle (come nel dolmen Noa), vere e proprie bacinelle (come sul lastrone del dolmen Specchia) e fenditure tagliate sul margine (ad esempio nel dolmen Specchia stesso).

Nell’ arcipelago si son ritrovati anche alcuni menhir, del tipo a pilastro squadrato in forma parallelepipeda simile alla tipologia di menhir più diffusa nel Salento.

 


Menhir Il-Hagra tad-Dawwara, sull’ isola di Gozo. Foto tratta dal sito “The Megalithic Portal and Megalith Map” (www.megalithic.co.uk).Confronto tra menhir salentini e menhir maltesi:

 

Menhir Il-Hagra tad-Dawwara, sull’ isola di Gozo, nell’arcipelago di Malta. É un blocco parallelepipedo di calcare, alto 4,50 m, e con sezione di 61cm per 64 cm. Un menhir in tutto simile ai menhir del Salento.

Il Menhir Il-Hagra tad-Dawwara, è stato trovato nel 1935 sotto 2,7 m di terra e sopra un pavimento in ciottolo di circa 300 metri quadri, che fa ipotizzare un’ area sacra al cui centro si innalzava il monolite.

Su una delle sue facce si possono notare nella foto alcuni fori ciechi.

Il particolare dei fori si ritrova anche su altri menhir dell’arcipelago. Ad esempio, un foro cieco a sezione circolare si osserva su una delle facce maggiori del menhir Is-Salib sull’ isola Malta, un monolite squadrato a sezione grossomodo rettangolare, e rastremato rozzamente nella parte superiore.

  Si tratta di un particolare che stiamo ritroviamo anche su numerosi menhir salentini, dove talvolta si osservano sulle facce, fori ciechi di sezione grossomodo quadrata o circolare e persino veri e propri fori passanti. Son solito chiamare questi fori ciechi o passanti, ’l’occhio del menhir’ , ma è questo un interessantissimo particolare del megalitismo salentino cui dedicherò un intervento ulteriore!

 

 

 

menhir Grassi a Carpignano Salentino

 

 

 

 

 

 

 

 

Menhir Grassi a Carpignano Salentino. É un blocco parallelepipedo di calcare compatto alto 4 m, e con sezione 50 cm per 21 cm. Si noti la perfetta somiglianza di questo tipico menhir salentino con il menhir maltese mostrato.

 

 

 

 


Confronto tra dolmen salentini e dolmen maltesi:

Dolmen Caroppo I  (Corigliano d' Otranto).

Dolmen, nelle campagne di Corigliano d’Otranto, che ebbi personalmente il piacere di scoprire durante le campagne di ricerca del 1993.  Si tratta di un grande dolmen composito formato da quattro celle adiacenti, sormontate da altrettanti lastroni. L’interessantissimo sito in cui sorge questa struttura, una necropoli dell’ età del bronzo, ricca un tempo di dolmen e piccoli tumuli sepolcrali,  è stato recentemente danneggiato, e il dolmen stesso, rischia di essere oggi criminosamente abbattuto, se le autorità comunali non interverranno al più presto!

 

Dolmen Ta_Qadi sull’ isola di Malta. Si noti la strettissima somiglianza tipologica tra questa struttura dolmenica maltese e quella del dolmen salentino di Corigliano, tanto forte da rendere superflui i commenti. Dolmen Ta-Qadi (Malta). Foto tratta dal sito “The Megalithic Portal and Megalith Map” (www.megalithic.co.uk).Osserviamo addirittura il medesimo uso di piccole zeppe di pietra tra i conci soprapposti a formare i pilastri di sostegno, posizionate opportunamente al fine di conferire ai massi poco rifiniti, la corretta inclinazione o per colmare gli interstizi.

Il Dolmen nella foto è una struttura ubicata tra le rovine del tempio di Ta-Qadi. Si tratta probabilmente di uno dei tanti templi di pietra della civiltà neolitica e calcolitica dell’ arcipelago maltese. Il dolmen fu lì costruito dai nuovi conquistatori dell’ età del bronzo per sfruttare la disponibilità in loco di materiale lapideo ottenibile dal tempio e forse anche perchè quei luoghi sacri, benché abbandonati, conservarono la loro aurea di sacralità anche nei secoli successivi.


Interpretazione dei dati archeologici.

Nel Salento, forse, la soluzione di uno dei più grandi misteri della storia del Mediterraneo arcaico: l’estinzione della ‘civiltà dei templi’ di Malta!

I megaliti maltesi risalenti all’età del bronzo, presentano analogie troppo forti di forme e quindi di pensiero, con i coevi megaliti salentini, perchè si possa escludere, che nell’età del bronzo e forse ancor prima, si svilupparono tra quelle isole nel cuore del Mediterraneo e l’ antico Salento, intensi rapporti, pacifici o violenti che furono.

 Rapporti che potrebbe contenere la chiave di risoluzione di uno dei più grandi misteri della storia del Mediterraneo arcaico.

Figura 5: Vista aerea del Tempio di Mnajdra (3600-2200 a.C.). Esempio di grande tempio neolitico maltese. Foto tratta da ’www.carnaval.com’.Prima della costruzione dei dolmen e menhir maltesi (come già ricordato coevi ai Salentini e risalenti all’età del Bronzo), prosperava nell’ arcipelago una fiorente ed evoluta civiltà, che aveva costruito numerosi, imponenti ed elaborati templi di pietra con annesse strutture ipogee, dedicati al culto della Dea Madre.

 

Misteriosamente e senza grosse avvisaglie di declino, nel 2200 a. C., dopo circa 1500 anni di tranquilla prosperità, la civiltà dei templi entrò in crisi e i luoghi sacri vennero repentinamente abbandonati. Nello studio archeologico dei sedimenti sembra quasi come se la popolazione fosse scomparsa dall’isola all’improvviso!

Quali tragici eventi provocarono l’ estinzione di quella cultura? 

Forse una bellicosa popolazione impugnante armi di rame e bronzo, sbarcò su quelle isole, e sterminò, disperse o sottomise quelle genti, non avvezze alla guerra, e che erano vissute pacificamente nell’arcipelago, isolate e protette dal mare.

Tracce di incendi nei templi raccontano forse quella tragica invasione!

I maltesi non conoscevano ancora il bronzo, che permetteva la realizzazione di  resistenti e micidiali armi atte alla offesa.

Altri popoli invece, nelle aree continentali, si stavano sempre più specializzando nell’uso sanguinario della nuova tecnologia metallurgica, e dunque nell’ arte della guerra attraverso cui impossessarsi facilmente di terre, bestiame e ricchezze di altre comunità!

Poco dopo il  2200 a.C. compaiono a Malta i primi megaliti di influsso salentino, segno inequivocabile dello stanziamento nell’arcipelago di genti provenienti dalla Penisola  Salentina.

 Nuovi conquistatori di una terra quasi ormai deserta, gli arcaici salentini,  vi introdussero la loro cultura e costruirono dolmen e innalzarono menhir come facevano in Puglia le popolazioni da cui provenirono.

Ma si trattò davvero di un invasione cruenta?  Furono gli stessi salentini gli autori di quell’efferato attacco alla civiltà neolitica maltese o questi si insediarono in isole già deserte, a seguito delle violente scorrerie di altri predoni del Mediterraneo, oppure la popolazione era stata decimata da una virulenta epidemia o da un violento cataclisma, come alcuni dati geologici sembrano suggerire?

Domande cui solo l’ archeologia e forse lo studio più profondo della mitologia e della linguistica, potrà rispondere!


CONCLUSIONI

Dietro la semplicità dei megaliti salentini si celano genti evolute e ben organizzate, protagoniste nell’ età del bronzo dei traffici commerciali nel cuore del Mediterraneo!

Indipendentemente dalle domande ancora senza risposta, resta una certezza: i costruttori dei megaliti salentini non erano solo pastori e agricoltori, ma avevano una padronanza non indifferente nell’arte della navigazione, erano dediti ai commerci e armati con spade di bronzo e alabarde di rame, non disdegnavano certo la guerra di rapina e di conquista!

I numerosissimi insediamenti che punteggiavano nell’età del bronzo la costa della Puglia e in particolare del suo lembo meridionale, attestano una forte propensione verso il mare e i traffici marittimi, di quei popoli.

Le mire espansionistiche dei salentini verso l’arcipelago maltese non sono una scelta casuale, ma frutto di un calcolo preciso. Non è certo la prospettiva di impadronirsi di pascoli e terre fertili, o di importanti giacimenti minerari, che può spiegare l’occupazione di quelle piccole isole, peraltro sensibilmente lontane dalla costa. L’esiguità del suolo coltivabile e il clima, almeno oggi, molto secco, sono infatti fattori poco favorevoli all’ agricoltura, come all’ allevamento, e il suolo dell’ arcipelago è inoltre privo di risorse minerarie economicamente interessanti!

Occupare l’arcipelago maltese al centro del Mediterraneo, voleva dire prendere possesso di un punto strategico, fondamentale per controllare i traffici tra Mediterraneo Occidentale e Orientale.

Dal Salento passava l’importante ‘via dell’ambra’, una rotta commerciale che risaliva l’Adriatico e che portava nei paesi mediterranei, la sacra ambra dai vitrei, caldi riflessi solari e dalle ‘magiche’ proprietà elettriche, proveniente dai Paesi Baltici e il raro  stagno  estratto sui monti metalliferi della Boemia, indispensabile perchè legato al rame, metallo di più facile reperimento, permetteva la produzione del bronzo, lega appunto di rame e stagno. 

Sin da epoche più antiche lungo l’Adriatico si svolgeva il traffico della selce estratta sul Gargano.

 

 

 

 

 

Figura 6: si noti la centralità delle due aree, Salento e Malta, nel Bacino del Mediterraneo. Centralità da cui si comprende l’ interesse economico di natura commerciale che derivava dal dominio di entrambi i territori;  quello stesso interesse che mosse i salentini dell’ età del Bronzo, ad insediarsi nelle isole maltesi, e forse a decimare la popolazione isolana eneolitica.

 

 

 

 

 

 

 

L’interesse dei popoli salentini verso le rotte occidentali era molto antico e derivava dalla necessità di rifornirsi della ossidiana estratta nelle isole Eolie.

Sviluppatasi in questo contesto, la ‘civiltà dei megaliti salentina’, ebbe modo di entrare in contatto con numerose culture, e prosperare anche attraverso l’attività del commercio.

La volontà di estendere il dominio proprio al cuore del Mediterraneo, e le capacità belliche e comunque strategiche e logistiche che l’insediamento a Malta rivela, ci presentano un popolo salentino meno arretrato e disorganizzato di quanto si era fin ora soliti credere; un popolo che certamente  esercitava già un controllo diretto sui traffici della ’via dell'ambra’, che passavano necessariamente attraverso il Canale d’Otranto.

Malta poteva diventare una importante base per estendere i commerci e la ricerca di rame e delle stagno verso il Mediterraneo Occidentale, in un epoca, quella del bronzo, in cui la domanda di questi metalli stava crescendo esponenzialmente.

Le tribù iberiche commerciavano lo stagno, estratto nelle isole Cassiteridi nel Mar del Nord, cosicché i salentini impossessandosi di Malta e conservando il controllo del Canale d’ Otranto, potevano controllare le due principali vie di approvvigionamento di stagno per il Mediterraneo Orientale e l’Egeo: la ‘via dell’ambra’ e le rotte verso la  Penisola Iberica.   

    Oreste Caroppo.

 
 

(*) Chi è Paolo Malagrinò

 

Biografia:

Originario di Taranto, barese d'adozione, è insegnante di scienze naturali.

Da molti anni impegnato in ricerche sul territorio pugliese, del quale ha studiato svariati aspetti naturalistici, archeologici, antropologici. Molti suoi studi sono stati pubblicati dall'editore Schena.

 

Bibliografia:

  • Malagrinò Paolo, Dolmen e menhir di Puglia, Fasano, Schena, 1978.

  • Malagrinò Paolo, La croce litica di Madonna del Soccorso, in Umanesimo della Pietra - Riflessioni, Martina Franca, 1980.

  • Malagrinò Paolo, Megaliti di Puglia ed epica carolingia. Una fruizione colta di ritorno?, in Sulle orme di Orlando. Leggende e luoghi carolingi in Italia a cura di A.I. Galletti - R. Roda, Centro Etnografico Ferrarese di Ferrara e Interbooks di Padova, 1987.

  • Malagrinò Paolo, La Murgia del Quaternario e della civiltà dolmenica, in Umanesimo della Pietra - Riflessioni, Martina Franca, 1988.

  • Malagrinò Paolo, Monumenti megalitici in Puglia, Schena editore, 1997, Fasano (Br)- ISBN 88-8229-000-x

 

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Ultimo aggiornamento

31 gennaio 2007  

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