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IN PUGLIA LE TRACCE DEL PRIMO UOMO EUROPEO |
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ROMA - Il primo uomo europeo viveva in Puglia un milione e cinquecento
anni fa e da qui si è diffuso nel resto dell'Europa: le prove vengono da
una serie di manufatti litici in selce fra cui 15 schegge ritrovate in una
cava ad Apricena in provincia di Foggia.
La scoperta si deve a un gruppo di ricerca delle università di Roma La
Sapienza, di Torino, Firenze e Ferrara che ne ha dato l'annuncio durante
il Congresso dell'Unione Internazionale di Scienze Preistoriche e
Protostoriche di Lisbona.
Gli oggetti ritrovati consistono in "nuclei di selce, le pietre con sui si
lavoravano le altre pietre per farle diventare utensili, e schegge
probabilmente utilizzate per il trattamento delle carcasse animali" ha
osservato Carmelo Petronio fra i ricercatori del gruppo e docente di
paleontologia dei vertebrati all'università La Sapienza. Questa scoperta,
ha proseguito, consente di testimoniare come "l'uomo si fosse già diffuso
in Europa in un intervallo temporale prossimo a 1,7 milioni di anni fa e
come fosse già in possesso di un comportamento tecnologico complesso
perché era in grado di costruire oggetti".
Secondo i ricercatori, la scoperta della presenza dell'uomo in questa
epoca nel cuore del bacino mediterraneo "riapre il dibattito sulle origini
del popolamento di tutta l'Europa, avvalorando l'ipotesi di una migrazione
da est, attraverso il cosiddetto Corridoio Levantino, e non dall'Africa
nord-occidentale come suggerirebbero i fossili spagnoli, finora
considerati i più antichi" i fossili ritrovati nel sud della Spagna,
appartengono all'Homo cosiddetto antecessor, sono di apparente derivazione
nordafricana e appartengono a un periodo compreso fra gli 800.000 e un
milione di anni fa. Secondo Petronio si fa un po' più di luce sulle rotta
dei primi uomini che lasciarono il continente africano "l'homo ergaster si
diresse in Asia dove continuò ad evolversi diventando homo erectus un
gruppo però, prima dell'evoluzione si spinse verso il Caucaso e da qui
probabilmente continuò a migrare fino a raggiungere l'Italia meridionale".
L'ipotesi di una migrazione dall'Asia, ha osservato Petronio "deriva dal
ritrovamento, nel Caucaso meridionale, in Georgia, di ossa umane
appartenenti all'homo antecessor e di manufatti tutti databili intorno a
un milione e ottocentomila anni fa.
Gli oggetti sono molto simili nella lavorazione a quelli ritrovati in
Puglia". La datazione degli oggetti scoperti in Puglia deriva dal fatto
che, nello stesso luogo sono stati ritrovati anche resti di oltre cento
animali fra cui 45 mammiferi come tigri dai denti a sciabola, mammuthus,
già datati a un milione e cinquecento anni fa. "Si tratta dei più antichi
ritrovamenti italiani ha continuato Petronio prima era stato rinvenuto
soltanto un osso cranico appartenente al cosiddetto uomo di Ceprano
vissuto circa 700.000-800.000 anni fa". Una prima descrizione dei
ritrovamenti sarà pubblicare sulla rivista tedesca Naturwissenschaften e
sull'edizione italiana del National Geographic per "ulteriori conclusioni
ha rilevato Petrolio bisogna continuare il lavoro di scavo per far venire
alla luce i resti del primo uomo europeo".
http://giuseppe-resta.splinder.com/ |
I briganti in convegno a Rocca
Grimalda |
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Sabato 23 e domenica 24 settembre si svolgerà il 10º
convegno internazionale curato dal Laboratorio etno - antropologico
rocchese.
Argomento di quest'anno "le culture dei briganti. Mito ed immaginario
del bandito sociale dal Medio Evo ad oggi". Sede del convegno la sala
nobile del castello. La figura del brigante popolare, il brigante
gentiluomo, è entrata a pieno titolo nella mitologia delle classi
popolari di ogni paese, compresa naturalmente Rocca, come quella di un
vendicatore dei torti e delle ruberie subite dalla popolazione inerme ed
indifesa.
E non a caso proprio a Rocca è nata la "Lachera" come movimento che si
oppone allo "jus primae noctis" del feudatario.
Da Robin Hood dunque a Corrientes, da Razin al "Passator cortese", le
imprese del brigante sono entrate nella leggenda ed hanno offerto
materia a romanzi, novelle, drammi popolari, canzoni dei cantastorie,
teatro d'animazione e di piazza. Partendo quindi da questa tesi, il
convegno rocchese di settembre apre un confronto sul tema, recuperando e
valorizzando il repertorio popolare su brigantaggio e banditismo
sociale. Il tutto con contributi e ricerche di tipo interdisciplinare,
che scavino in più direzioni nei territori della memoria e della
tradizione popolare. E proprio il 2006 è l'anno in cui cade il secondo
centenario della morte di Mayno della Spinetta, il celebre brigante
antinapoleonico, protagonista di tante opere letterarie popolari.
Tra le iniziative collaterali al convegno, sabato 23, alle ore 18 in
piazza della chiesa, spettacolo cantastorie del Teatro del Rimbalzo
"Storia di Mayno della Spinetta (re di Marengo imperator de la
Fraschetta), con Ombretta Zaglio e Marcella Pischedda.
Al Museo della maschera, mostra documentaria su "Mayno della Spinetta
nei cartelli "avvisini" di Peppino Sarina".
Nelle sale di Palazzo Borgatta, sede del Municipio, per gl insegnati
iscritti al corso di aggiornamento, libri e materiali didattici sul tema
"Briganti, banditi, ribelli sociali", a cura di Milo Julini. In
un'apposita sala multimediale, si potrà visionare il documentario
scientifico sul brigantaggio femminile, realizzato da Scafoglio, De
Luna, Musilli, Di Nuzzo e Caserta. Si potrà anche ascoltare la
compilation musicale "Banditi e ribelli nella musica popolare e nelle
canzoni d'autore", a cura di M. Zoppi e A. Lega. (E. S)
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Un fitto
carnet in onore del brigante |
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I pravos homines, anarchici od
organizzati (e allora ecco i "bravi" del Rodrigo manzoniano, che tante
ampollose gride spagnolesche provano a debellare, ma invano: ecco il Griso,
il Nibbio, e altri paurosi compari) si danno appuntamento a Rocca
Grimalda, nei giorni 23-24 settembre 2006.
Non saranno soli: dalla storia, dalla letteratura, dal teatro, dalle
pellicole molti altri sgherri, ladroni e tagliagole terranno loro
compagnia. Pochi i ladri veramente gentiluomini (alla Robin Hood o alla
Lupin), molti i poveretti affamati spinti dalla fame alla professione. E,
in mezzo, udite udite, anche qualche donna.
Per due giorni, sulle colline, sull'Orba, un ricetto di ogni malvagità.
Che darà l'assalto al castello.
O forse no: perché bandito, ribelle, brigante è spesso l'epiteto con cui
l'autorità costituita o, se preferite, il potere chiama l'oppositore, il
non omologato. L'anarchico.
Per chi va controcorrente nulla di più facile. Ecco allora i partigiani
verso cui si grida achtung, banditen, o gli insorgenti antifrancesi e anti
repubblicani del 1799 equiparati ai più biechi malfattori.
In entrambi i casi solo gente che aveva (giustamente) in odio lo
straniero.
Ma il paese di Santa Limbania (e anche del giovane regista, attore e
autore teatrale Fausto Paravidino) in occasione dei seminari del convegno
internazionale del Laboratorio Etno-Antropologico, che saranno allestiti
presso il salone nobile dell'antico maniero, non solo dà solo
(metaforicamente) appuntamento ai "bravi/cattivi", ma anche a
ricercatori, studiosi, insegnanti (le lezioni avranno valore di corso di
aggiornamento) e semplici curiosi che vogliano approfondire Le culture dei
briganti, e insieme, il mito e l'immaginario del bandito sociale dal medio
evo a oggi.
I lavori inizieranno alle ore 9.30 di sabato 23 settembre e proseguiranno,
per quattro sessioni, anche nella giornata di domenica, coinvolgendo
docenti universitari, esperti e ricercatori locali (le lezioni del
pomeriggio dalle 14.30) che prenderanno in esame una figura di
straordinaria fortuna tra arte e cinema, tra letteratura e storia.
Tra le iniziative collaterali segnaliamo lo spettacolo (sabato 23, ore 18.
piazza della Chiesa) del Teatro del Rimbalzo che metterà in scena la
Storia di Mayno della Spinetta (Re di Marengo, Imperator de la Fraschetta)
con Ombretta Zaglio e Marcella Pischedda, mentre nel Museo della Maschera
e nelle sale di Palazzo Borgatta due mostre saranno dedicate ai Cartelli -
avvisini di Peppino Sarina per il Mayno, e una collezione di libri e
materiali didattici sul tema Briganti, banditi ribelli sociali.
Info: presso la Segreteria tel.334-1224453 /0143-873552 - e-mail: etnorocca@libero.it |
Nel segno della
interdisciplinarità |
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Però, per entrare meglio nel clima della
manifestazione, non c'è di meglio che lasciare la parola ad un testo
inviatoci da Franco Castelli che orienta già, complessivamente, la due
giorni di Rocca.
Apriamo, allora, le virgolette:
"La figura del brigante popolare, il brigante gentiluomo, è entrata a
pieno titolo nella mitologia delle classi popolari di ogni paese, come
quella di un vendicatore dei torti e delle ruberie subite dalla
popolazione inerme.
Dal capostipite mitico Robin Hood alle sue diverse incarnazioni storiche
come Diego Corrientes (Spagna), Stenka Razin (Russia), Mandrin (Francia) o
il "Passator cortese" (Italia), le sue imprese sono subito entrate nella
leggenda e hanno dato materia a un immaginario ricco e variegato, costante
nei suoi tratti essenziali, nonché ad una rigogliosa produzione di
romanzi, novelle, drammi popolari, canzoni da cantastorie, copioni del
teatro d'animazione ecc.
Partendo dalle note tesi di Eric J. Hobsbawm [ cfr. I banditi. Il
banditismo sociale nell'età moderna, Torino, 1971; ma ricordiamo che
questo storico è assurto a fama mondiale successivamente, dopo il 1989,
coniando la denominazione di "secolo breve" per il Novecento], peraltro
sottoposte ad una puntuale revisione critica, l'XI Convegno internazionale
del Laboratorio Etno-Antropologico di Rocca Grimalda intende aprire un
confronto su brigantaggio e banditismo sociale, con contributi e ricerche
di tipo interdisciplinare, che scavino in più direzioni nei territori
della memoria e della tradizione popolare, segnate irrimediabilmente (in
questo caso più che altrove) dal diseguale rapporto dominatori - dominati.
Si tratterà insomma di porre la figura del brigante nella posizione di
spia delle culture che lo hanno "parlato" e manipolato, come personaggio
storico e oggetto mitico.
Non nel segno dell'autorità di una prova, ma nell'assunzione di indizi che
possano, attraverso le molteplici pieghe della cultura, verificare i
messaggi cifrati provenienti, sotto un'apparente, rassicurante ovvietà,
dal mito del brigante. |
Sulla traccia
degli anniversari |
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Il 2006 è l'anno in cui cade il secondo centenario della morte di Mayno
della Spinetta, il brigante antinapoleonico alessandrino, ma anche di un
altro celebre personaggio come Fra Diavolo, protagonisti entrambi di tante
opere letterarie popolari: due figure leggendarie quanto mai
paradigmatiche, il cui anniversario stimola un lavoro critico sulle fonti
e sulle funzioni dei miti briganteschi d'ogni tempo e paese, indicando
come piste di ricerca generali, sia la ricezione/trasmissione della
leggenda banditesca nella tradizione orale, ma anche il suo utilizzo in
contesti espressivi e rappresentativi diversi, dal feuilleton alla pittura
romantica, dal romanzo storico alla poesia, dalle ballate da cantastorie
al teatro dei burattini, dal cinema alla canzone d'autore contemporanea".
(a cura di G.Sa) |
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Scoperto a Cutrofiano
l'impianto di una fornace
che potrebbe risalire ad un periodo tra il
I e il V secolo a.C.
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Una fornace per la cottura dei
manufatti in ceramica, di età romana imperiale, databile fra il I e il
V secolo a.C., è stata individuata giorni fa a Cutrofiano, nel Basso
Salento in località "Scacciato", ad ovest dell'abitato. La scoperta è
avvenuta durante i lavori di sterramento per la costruzione di
un'abitazione.
La fornace era scavata nella roccia tufacea, a circa cinque metri di
profondità affinché il calore, che poteva raggiungere temperature
intorno ai 900-950 gradi non si disperdesse.
Una scaletta in pietra, ricavata sempre nella roccia, doveva essere
presente per l'accesso alla camera di combustione sottostante. La
presenza della scala è confermata dai ricordi personali dei contadini
del posto che l'avevano notata durante i lavori agricoli.
L'antica fornace romana, ritrovata in questi giorni, è l'unica del
tipo di cui si abbia testimonianza nel Salento; fra l'altro da
confrontare con alcune fornaci di età moderna, presenti a Cutrofiano,
centro noto anche oggi per la produzione di ceramica-artigianale ed
artistica. La struttura era costituita da due camere: l'inferiore di
combustione in cui il fuoco veniva acceso per circa 12 ore; mentre
nella camera superiore venivano collocati gli oggetti sottoposti alla
cottura.
Ora le due "camere" sono perfettamente visibili. Il caricamento del
materiale da cuocere doveva avvenire certamente dalla parte superiore,
a livello della campagna.
La fornace doveva servire prevalentemente per la cottura dei coppi o
tegole, utilizzando l'argilla locale presente nel sottosuolo. Proprio
il ritrovamento di numerosi frammenti di queste tegole ha permesso
anche la datazione, che può oscillare, in attesa di indagini più
approfondite, dal I al V secolo d.C., cioè da 1900 a 1400 anni fa.
La località di "Scacciato" a Cutrofiano, è un sito di epoca romana già
conosciuto dagli studiosi ed ha la caratteristica di non essere stato
più frequentato dall'età romana in poi. Studi al riguardo, insieme al
vicino sito di "Badia", sono stati condotti alcuni anni fa da Valeria
Melissano, archeologa dell'università di Lecce e collaboratrice del
professor Francesco D'Andria.
La fornace in un certo momento, forse nell'alto medioevo, fu
abbandonata e colmata con scarti e frammenti di tegole e laterizi che
si possono scorgere nella sezione ora portata alla luce.
Le indagini archeologiche, così come il recupero, sono condotte
direttamente dall'Ufficio di Lecce della Soprintendenza archeologica
diretto da Giampaolo Ciongoli. Collabora con Ciongoli l'archeologo
Francesco Esposito, presente anche, anni fa, negli scavi di piazzetta
Castromediano a Lecce.
«Si tratta di una fornace; tutti gli elementi che abbiamo ci portano a
datarla all'età romana-imperiale" - dice Ciongoli - conservata per
buona metà, con tutti gli elementi strutturali ben riconoscibili. Una
serie di reperti ci indicano che era dedicata principalmente alla
fabbricazione di coppi. Ci ripromettiamo di salvaguardarla prima di
tutto, per poi cercare l'accordo con la proprietà e col Comune per
renderla fruibile agli interessati».
«Pur non esistendo l'attuale abitato di Cutrofiano, oggi noto per la
produzione ceramica - dice Salvatore Matteo, direttore del Museo della
Ceramica - questo ritrovamento dimostra, come nel sito di Badia,
l'utilizzo di argilla locale, già in questi abitati di epoca romana».
Una tradizione che si radicherà nel territorio, sì da riscontrarla
anche oggi con la presenza di numerose aziende artigianali, ma
soprattutto di singoli artisti-artigiani, che non hanno frequentato
scuole (che oggi sarebbero necessarie), ma che creano i loro modelli
su esempi famigliari provenienti da una cultura molto antica.
Fonte: Nuovo Quotidiano
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Salento: scheletro
di 2.300 anni fa
Per antropologi apparterrebbe
a uomo, di 40-60 anni, ucciso
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(ANSA) - LECCE, 19 DIC. 2004 -
Trovato lo scheletro di un uomo di età compresa tra 40 e 60 anni,
ucciso circa 2.300 anni fa a Ugento dentro le mura messapiche.
Lo scheletro appartiene a un uomo
alto m. 1,58: appare disposto allungato, con il cranio in direzione
Nord-Ovest e con la mano destra portata alla spalla destra e
l'avambraccio sinistro piegato sotto le costole. Sebbene dagli esami
antropologici non siano emerse ferite evidenti, gli esperti ritengono
che l'uomo sia stato ucciso.
http://notizie.msn.it/msn/notizie/topnews/2004-12-19_3542821.html
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UNA NUOVA MAPPA ANTICA ?
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Pierre Louise Malosse ha annunciato la scoperta da parte del suo
collega dell’Università di Montpellier Thierry van Compernolle di un
ostrakon recante quella che sembra essere un’antica mappa della
penisola Salentina (sud dell’Italia), databile probabilmente al V
secolo a.C. L’immagine non è mai stata pubblicata, e non sono
attualmente disponibili fotografie.
Per i giorni 10-12 marzo 2005 è stato organizzato presso l’Università
di Montpellier un simposio internazionale per aprire il dibattito sul
prezioso reperto, ribattezzato Mappa di Soleto – simposio dal titolo
“La Mappa di Soleto, un mutamento nella cultura dell’antico
Mediterraneo”). Il programma del simposio è disponibile in formato
Adobe Acrobat PDF al sito:
http://alor.univ-montp3.fr/cercam/rubrique98.html
Qui sotto, la traduzione italiana dell’originale comunicazione
francese.
L’oggetto, scoperto il 21 agosto del 2003 a Soleto (provincia di
Lecce), nel corso di scavi archeologici condotti per conto del CERCAM
(Università di Paul Valàry), da Thierry Van Compernolle, è un ostrakon,
ovvero un frammento di un vaso, in questo caso, un vaso attico
smaltato di nero, sul quale è incisa la linea costiera della penisola
salentina come anche tredici toponimi le cui posizioni sono indicati
da punti. La “Mappa di Soleto” è, al momento, la più antica mappa
geografica dall’antichità classica mai scoperta. Essa richiede di
fatto una nuova valutazione non solo degli inizi dell’antica
cartografia, ma anche della storia regionale, in particolare quella
delle relazioni tra gli Iapigi Messapiani ed i Greci. In effetti, due
toponimi greci appaiono insieme con undici toponimi indigeni, come
anche altri cinque precedentemente sconosciuti. La mappa testimonia
così la profondità dell’interazione tra queste culture nel V secolo
prima della nostra era, ed offre, al momento, per il Mediterraneo, e
più generalmente per le civiltà Occidentali, la più antica mappa di
una regione reale.
L’interpretazione di questo documento nel suo contesto archeologico,
storico, geografico, linguistico, artistico, filosofico e letterario
richiede il ricorso a molteplici discipline. Pertanto, abbiamo scelto
di preparare una pubblicazione collettiva, i cui redattori si
riuniranno a Montpellier per presentare e discutere i contributi delle
loro discipline individuali. L’argomento delle presentazioni e la
struttura del colloquio è stata stabilita dal Comitato Organizzatori e
dal Comitato Scientifico del convegno. La ricchezza dei campi di
indagine aperta da questo documento riunisce gli interessi di ricerca
dei due team componenti del CERCAM:
- SEMA (Seminario di Studi della Mentalità Antica), che porta
avanti indagini nel campo della storia della rappresentazione, cerca
materiali riflessi nell’immagine cartografica come il significato e la
funzione dei toponimi, e così continua il suo impegno
nell’organizzazione di conferenze interdisciplinari (più recentemente;
Le Armi nell’Antichità, dalla Tecnologia all’Immaginazioni, Marzo
2003).
- GITA (Gruppo Interdisciplinare sul Teatro Antico) è, per la
sua parte, direttamente responsabile della collocazione del documento
epigrafico nel contesto di una gamma di fonti letterarie tra le quali
il teatro, comico e tragico, occupa un ruolo essenziale.
Il convegno vorrebbe riuscire ad assicurare la migliore pubblicazione
possibile di un documento epigrafico assolutamente unico, che porterà
a riconsiderare le origini dell’antica cartografia e della
rappresentazione del mondo, e a rivalutare la profondità delle
relazioni culturali tra i popoli del Mediterraneo, una reciprocità che
non è sempre percepita in misura adeguata, per via della prevalenza
incontrastata (e di conseguenza della maggiore attenzione da parte del
mondo accademico) della tradizione letteraria greco-romana.
Per il programma completo del Convegno vai su:
http://alor.univ-montp3.fr/cercam/article296.html (in lingua
francese)
Fonte:
www.laportadeltempo.com del 25 ottobre 2004 http://www.laportadeltempo.com/Italia/ita_251004.htm
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Comunicato stampa del 1 ottobre 2004
1° ottobre 1404 –
1° ottobre 2004
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Il 1° ottobre 2004 ricorre il seicentenario della morte di
Pietro Tomacelli, salito al soglio pontificio col nome di Bonifacio IX,
che, nelle more di una conferma, ci piace citare come nato a Casarano.
Ci si sarebbe aspettati, non diciamo
una ricorrenza in pompa magna, ma almeno un ricordo da parte
dell’Amministrazione Comunale dell’evento.
Né tantomeno, questa Amministrazione
può dire di esserne all’oscuro, in quanto da più di un anno si cita
questa data (persino sul periodico del partito del Sindaco).
Non da ultimo, nell’ultimo mese, è
stata avvisata l’Amministrazione in carica della voglia da parte
nostra di organizzare, e lo stavamo facendo con l’aiuto
dell’Associazione Commercianti, una qualche manifestazione in memoria,
ma di risposte, come al solito, non ne sono venute. Si può ben dire
che, forse, questa gestione del potere locale, passerà alla storia per
i suoi silenzi, piuttosto che per quello che ha lasciato sul
territorio.
D’altra parte, in tutti questi anni,
abbiamo ben capito cosa significhi il termine “gestione della cultura”
a Casarano.
Abbiamo chiaramente capito la volontà
di far rimanere basso il livello con spettacolini, che di
rivalutazione locale hanno ben poco, ma fanno sì di portare avanti
alcune figure amministrative che certamente non hanno alcun interesse
a far ricadere sul territorio rappresentato, le loro posizioni
acquisite.
Quindi, mentre in altri luoghi si parla
di città sostenibili, qui a Casarano si parla di sostenibilità di
questa assurda situazione.
Il pensare che in qualunque parte del mondo, dopo uno sfregio alla
storia locale, l’incaricato alla gestione della cultura non solo
avrebbe indagato sul fatto e comunicato prontamente alle autorità
competenti quanto avvenuto (cosa compiuta a 24 ore dall’evento), ma
come minimo avrebbe offerto alla cittadinanza il ritiro della sue
mansioni. Qui, invece, in questo paese dove tutto è relativo, lo
stesso gestore cerca di sottacere e minimizzare l’accaduto, come se
fosse un fatto di ordinaria amministrazione.
Stante così la situazione, e considerando la poca attuale
volontà a costituire una commissione comunale del settore
chiediamo
ufficialmente al Sindaco in carica dott. Remigio Venuti il
ritiro della delega alla cultura a chi attualmente incaricato per
essere offerta a persona certamente più valida ed interessata al
territorio, alla sua emancipazione ed alla compartecipazione della
gestione della cultura locale stessa.
Per quanto ci riguarda ci limiteremo a “ricordare” l’evento
della morte di Pietro Tomacelli, il primo di ottobre alle ore 19,00,
con una messa a suffragio nella chiesa Matrice, riservandoci di
organizzare entro l’anno una manifestazione degna del nostro illustre
concittadino.
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una
testimonianza:
Aiuto, ci rubano gli ulivi! |
Cara Puglia,
io sono un Veneto (provincia di Treviso), mi chiamo Cris.
Per DNA amo la bellezza in ogni sua manifestazione: Artistica ed
Ambientale.
Detesto quando per piccoli motivi di lucro si annienta un opera d'arte,
quando se ne riduce la sua carica culturale...
E
un albero è un opera d'arte, è una scultura perfetta ed armoniosa e come
una scultura, invecchiando assume valore aggiunto quale testimone del
tempo.
Ma, riflettendo bene, non potrei immaginare il David di Michelangelo
trasferito in un altro luogo... in Polinesia ad esempio... o i Bronzi di
Riace in un giardino di qualche mediocre produttore di infissi trevisano.
No, ci rimetterebbero entrambi i luoghi, perderebbero in Bellezza.
Non so cosa ci facciano decine, centinaia di Ulivi a Castelfranco Veneto,
grossi 1-2 metri mozzati e riposti in sacconi di nylon, non lo so...
mi fa schifo pensare che qualcuno ci guadagni sopra questo mercato di tal
capolavori vegetali!
E per finire dove? In un qualche giardino di qualche riccone pien de
schei ed ignorante?
Non ho le prove che siano tutti pugliesi quegli ulivi, che depredino la
vostra terra, non ne sono certo.
E non cerco assolutamente di ledere nessuno in particolare.
Dico solo: attenti a quello che succede nelle vostre campagne, perchè ogni
albero di tal risma che viene sradicato e portato al nord è l'equivalente
per Venezia di una picconata sul pavimento della Cattedrale di San Marco:
un danno per sempre, per tutti.
Cris
Montagner
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Ecco
il parere di Gianni Picella, Coordinatore del Comitato per la
Salvaguardia degli Olivi Secolari di Puglia: |
"Bisogna intervenire con urgenza perseguendo tre azioni ben precise che
vanno dall'ambito internazionale a quello locale:
1) raccolta di forme per il riconoscimento e la tutela degli olivi
pugliesi come patrimonio dell'umanità da parte dell'UNESCO;
2) censimento degli ulivi pugliesi con relativo archivio fotografico;
3) legge regionale di tutela degli ulivi secolari
Attualmente, l'unica legge in vigore è quella del 1961, la n. 145 che
rende possibile lo spiantamento tramite una semplice autorizzazione
dell'Ispettorato Provinciale dell'Agricoltura.
Un esempio positivo viene dal Comune di Ostuni, il quale ha emesso
un'ordinanza che prevede il divieto di trasportare le piante secolari al
di fuori dei limiti comunali.
Vi è, infine, un progetto di legge regionale della quinta commissione a
tutela di olivi e carrubi, il quale prevede che queste piante vengano
sottoposte a vincolo se la loro densità superi il 50% della particella
catastale sulla quale insistono."
(La Gazzetta del Mezzogiorno 13 giugno 2003)
tratto da :
http://www.gruppopugliagrotte.org/ulivi/index.htm
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